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Investire in opere d’arte: conviene?

di Umberto Schiavella

La controversa scultura di Maurizio Cattelan dal titolo “Him” che ritrae un Adolf Hitler inginocchiato è stata battuta all’asta da Christie’s ad un prezzo finale di 17,189 milioni di dollari. Inizialmente stimata tra i dieci e i quindici milioni di dollari è stata venduta in poco più di cinque minuti, un vero record per la casa d’aste, ma anche per l’artista stesso.
L’arte, come tutto, ha un prezzo, ma come viene calcolato? Il prezzo è il vero motore dell’arte contemporanea e questo può essere considerato come il rapporto tra il suo valore commerciale e il suo valore qualitativo. Questo rapporto può però dar vita ad una serie di incongruenze tra il livello delle quotazioni e il livello di qualità dell’opera, livello basato su diverse variabili tra cui il riconoscimento critico, la data, le dimensioni, il materiale usato. Un numero cospicuo di variabili che rende, a tutti gli effetti, difficile paragonare i mercati finanziari a quelli dell’arte. In particolare nell’arte sono sostanzialmente due i tipi di rendimento che interessano all’investitore: finanziario, calcolato tramite il cambio del valore della moneta e fisico, ossia il dividendo estetico che viene misurato in maniera indiretta dalla differenza tra il rendimento finanziario dell’opera d’arte e il rendimento ottenuto da altri prodotti più strettamente finanziari come azioni o titoli di stato.

Il mercato dell’arte, soprattutto quello relativo alle opere contemporanee, è in continua crescita, un successo che riflette la diminuzione degli investimenti nei mercati finanziari, tanto che l’88% delle banche ritiene oggi l’arte un focus strategico che inizia a incidere in maniera sempre più sostanziosa sulla gestione del patrimonio dei propri clienti. D’altronde i dati parlano chiaro: l’ultima ricerca Art & Finance Report di Deloitte/ArtTactic dimostra come il 76% dei collezionisti sostiene di acquistare arte per passione, ma anche per un possibile ritorno economico, mentre solo il 3% dichiara di acquistare opere d’arte come forma di investimento. Ma quanto rende investire in opere d’arte? Sommando insieme i ritorni economici degli investimenti nel mercato dell’arte e racchiudendoli in una forbice temporale che va dai cinque ai dieci anni, la stima risulta essere del 4%. Una stima inferiore rispetto ad altri asset come il vino o le equity. Però, rispetto al mercato finanziario, l’arte è in grado di produrre alte rate d’interesse. Ne è un esempio, raro, la vendita da parte di Eric Clapton di un’opera di Richter battuta all’asta nel 2012 per 21,3 milioni di dollari, opera acquistata dal famoso musicista nel 1994 e pagata, solamente, si fa per dire, 3,4 milioni di dollari. In questo caso il tasso di investimento è risultato essere del 23%. Secondo Art Investment su 100 euro investiti in arte nel 2000, in soli sette anni diventano 157 euro. Un ritorno economico che risulta essere del 5,8%, ma che diventa del 9,8% per l’arte contemporanea. Questo perché l’arte contemporanea ha margini di crescita superiori rispetto ai classici. Ma l’arte contemporanea risulta essere più volatile, in particolar modo quando si parla di “flip artist” cioè giovani artisti emergenti le cui opere vengono acquistate solo con lo scopo di rivenderle per motivi prettamente speculativi nella speranza di ricavare un buon profitto. In questo caso le oscillazioni di prezzo variano di molto e, molte volte, ci si trova davanti a vere bolle speculative destinate a scoppiare. Discorso diverso quando si parla di artisti contemporanei storicizzati dove i margini di rischio sono più bassi, in questo caso si parla di “blue-chip-artist” cioè quegli artisti il cui valore è stato determinato attraverso vendite consistenti nel tempo e diversi passaggi nelle principali aste internazionali.
Ma come vengono stabiliti i prezzi per le opere d’arte battute all’asta? Oggi, per capire l’andamento dei prezzi di mercato i collezionisti/investitori possono consultare gli indici di mercato, strumenti fondamentali per capire l’andamento dei prezzi dei singoli artisti o dei diversi settori del mercato dell’arte. Il mercato è l’unico strumento in grado di assegnare un valore monetario alle opere d’arte e gli indici sono stati adottati per rendere tale mercato più trasparente, obiettivo raggiunto solo in parte in quanto gli indici sono parziali a causa della mancanza di una disponibilità completa dei dati di vendita. In realtà vengono presi in considerazione solo i dati provenienti dalle case d’aste senza fare riferimento alle vendite delle gallerie e quelle tra privati. Tuttavia gli indici risultano essere fondamentali per analizzare i trend a lungo periodo del mercato e per poter fare dei confronti tra l’andamento di questo settore economico e il mercato azionario, obbligazionario e immobiliare.

Esistono diversi metodi per redigere gli indici:
– Metodo dei testimoni privilegiati. Un gruppo di esperti seleziona artisti e opere che, secondo loro, hanno una forte incidenza nella determinazione dell’andamento dei prezzi di mercato in asta e non solo. Gli indici creati con questo metodo risultano essere molto soggettivi e si corre il rischio di sopravvalutazioni o sottovalutazioni dei valori.
– Metodo dell’opera media. Un’aggiornamento del metodo dei testimoni privilegiati che prevede l’aggregamento delle opere secondo criteri specifici (ad es. opere di artisti deceduti, dimensioni, scuola, ecc.). Anche in questo caso il risultato è estremamente soggettivo.
– Metodo della doppia vendita. Si basa sul confronto del prezzo di acquisto con il prezzo di vendita. In tal modo è possibile capire come cresce il valore dell’opera. Gli indici realizzati con questo metodo non vanno bene per tutte le opere, ma solo per quelle con vendite ripetute.
– Metodo della regressione edonica. La dinamica del prezzo di un dipinto sia costituita dall’andamento complessivo del mercato aggiustato per l’effetto esercitato dalle numerose caratteristiche che identificano il dipinto stesso e lo rendono unico: artista, soggetto, materiale utilizzato, tecnica ecc.». Il problema di fondo nell’applicazione del metodo della regressione edonica è la grande difficoltà che si incontra nell’individuare tutte le caratteristiche artistiche rilevanti nella determinazione del prezzo.
– Metodo del dipinto rappresentativo: questo metodo parte dall’assunto che un dipinto sia un unicum in senso stretto e che, quindi, sia possibile solo la comparazione tra prezzi di una stessa opera. Viene utilizzato il valore medio della stima (quello centrale tra la minima e la massima) e il prezzo di aggiudicazione.

Attualmente, i due Indici fondamentali a cui il mercato fa riferimento sono: The Mei/Moses Art Index e l’Art Market Research.
Creato nel 2001 dagli economisti newyorkesi Jian Ping Mei e Michael Moses con l’obiettivo di seguire i trend del mercato dell’arte il Mei/Moses rappresenta un sistema scientifico di indicizzazione dei prezzi dell’arte attraverso il monitoraggio  delle vendite ripetute di una stessa opera d’arte. Fa quindi riferimento al cosiddetto metodo della doppia vendita. Questo Art Index  è stato riconosciuto dalla famosa banca d’affari Morgan Stanley come uno dei dieci migliori indici del mondo e oggi viene utilizzato da importanti istituzioni finanziarie come AXA Group, Morgan Stanley, Fidelity, UBS, Citibank e Deutsche Bank. Il Mei/Moses Art Index coniuga il mondo della finanza con quello dell’arte e viene utilizzato per capire se il rapporto rischio-rendimento delle opere d’arte sia in grado di reggere il confronto con i tradizionali titoli finanziari come azioni e obbligazioni. Gli indici Art Market Research, sviluppati nel 1985, sono oggi ben 500 e sono universalmente riconosciuti come unità di misura definitiva del rapporto tra i prezzi e flussi del mercato dell’arte di tutto il mondo. Questi indici vengono utilizzati da tutte le principali istituzioni artistiche e finanziarie come Christie’s, Sotheby’s, British Inland Revenue e la Federal Reserve Bank of New York.

Investire in arte conviene? Conviene perché lo dicono le statistiche sui rendimenti economici (anche in periodi di crisi come quello che stiamo vivendo), conviene perché lo stanno facendo tutte le grandi istituzioni finanziarie, conviene perché l’arte porta con sé una eccellente forza mediatica e relazionale, infine conviene perché è l’unico investimento che genera piacere nel corpo, nella mente e nell’anima.

 

2 Commenti per “Investire in opere d’arte: conviene?”

  1. L’investimento in opere d’arte conviene, anzi viene considerato sempre più sicuro dato che consente nel tempo di avere rendimenti elevati e lo dimostrano bene i dati che avete presentato. Leggendo il vostro articolo una riflessione che mi viene da fare è che il mercato dell’arte viene percepito ancora come chiuso, dove solo chi ha un potere di spesa decisamente elevato può entrare e guadagnarci. Sarebbe bello parlare anche di come le cose piano piano stanno cambiando, di come la rivoluzione tecnologica sta liberando l’investimento in arte dal suo carattere elitario rendendolo accessibili a un pubblico sempre maggiore. Non a caso stanno nascendo piattaforme dove chiunque, anche un semplice appassionato di questo mondo, può investire una piccola cifra semplicemente acquistando solo una percentuale della proprietà dell’opera traendo profitto grazie all’attività di affitto dell’opera d’arte o anche grazie ad attività di trading. In questo modo il mercato dell’arte diventa davvero alla portata di tutti.

  2. walter heigon

    io ho investito (è proprio il caso di dire) nelle azioni al portatore di Federico Paris, con una piccola somma mi sono portato a casa tre azioni che in realtà sono delle serie limitate https://www.federicoparis.com/azioni/

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