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Quando due figli sono troppi

di Silvia Capone

mamma_lavoroUno degli obiettivi della prossima legge di Stabilità, almeno stando alle indiscrezioni dei giorni scorsi, potrebbe essere incrementare il bonus bebè che oggi è di 80 euro mensili per quelle famiglie che hanno un Isee inferiore ai 25 mila euro l’anno. Lo scopo è sostenere i nuclei familiari a rischio povertà e tentare di porre un rimedio al calo di nascite che sta investendo il nostro paese. Dai più recenti dati Istat, che si riferiscono al 2014, si ricava che i livelli di povertà assoluta più alti riguardano proprio le famiglie numerose, cioè quelle con tre o più figli, sebbene la situazione risulti in miglioramento rispetto al passato. Il calo delle nascite è invece un problema che coinvolge l’Italia da ormai qualche anno: dal 2001 al 2014 sono diminuite da 529.156 a 494.550 e in misura maggiore nel Sud e nelle Isole.
I fattori che influenzano questo calo sono soprattutto di natura economica e culturale. Per quanto riguarda il primo caso, l’aumento del costo di mantenimento di un figlio, la difficoltà di trovare un lavoro stabile e la volontà dei genitori a garantire al nascituro un sempre maggior grado di benessere possono rientrare tra le principali motivazioni. Queste ragioni, combinate con l’impegno lavorativo della donna, spingono le famiglie a “programmare” la nascita di figli, preferendone uno, massimo due. Infatti, secondo i dati Istat, in media al 2013 ogni donna ha 1,4 figli e il calo delle nascite deriva in larga parte dal fattore economico di cui sopra: si stima in che per crescere un figlio fino alla maggiore età una famglia possa spendere fino a 171 mila euro (nuclei con reddito annuo di 34 mila euro; fonte: Federconsumatori). La preoccupazione della sussistenza di uno o più figli è ovviamente aggravato dalla crisi, questo è dimostrato ancora una volta dai dati dell’Istat, secondo cui il cambio di rotta delle nascite si è avuto a partire dal 2008, anno in cui si registravano 570 mila unità, mentre già nel 2009 scendevano a 560 mila. Il drastico calo riguarda però gli anni 2012-2013, in cui la diminuzione è stata quasi di 23 mila unità.
L’entrata tardiva nel mondo del lavoro, il ritardo con cui i giovani italiani lasciano la casa dei genitori e la tendenza a investire più anni nello studio, hanno alzato l’età media delle donne al parto (che in quindici anni è passata da 30,3 a 31,5), essendo il 48,5% di esse tra i 35 e i 44 anni. Il trend è quindi quello di investire prima nella carriera; la decisione che intraprendono molte donne di ritardare la prima gravidanza, appunto favorendo il lavoro, viene oggi comunemente accettata a differenza di quanto avveniva soltanto qualche anno fa e, anzi, si assiste ad un’inversione di tendenza che tollera e spesso incoraggia questa scelta, a supporto della quale si hanno anche rassicurazioni mediche.
Inoltre la tendenza generale è di garantire al proprio figlio un grado di benessere maggiore di quello vissuto dai genitori. Questo istinto, tuttavia non sostenuto da dati empirici e misurabili, spinge le coppie a pensare, forse un po’ troppo, al futuro dell’unico figlio, quindi a scapito di altre gravidanze. In conclusione il calo delle nascite è un rischio per il paese, infatti si stima che per assicurare pensioni future, ogni coppia dovrebbe avere 2,1 figli contro il dato di 1,4.

 

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