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La sicurezza sul lavoro in Italia: cosa è migliorato?

di Silvia Capone

sicurezza_sul_lavoroL’istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, Inail, ha pubblicato il 22 giugno la sua annuale relazione circa all’andamento degli infortuni. La tendenza generale che emerge è in linea con i dati registrati negli ultimi anni, e mostra una flessione del 4% delle denunce di infortunio sul lavoro che nel 2015 sono state 637 mila. Di queste 416mila sono state riconosciute, un dato “positivo” perché in calo del 6,6% rispetto al 2014. Preoccupanti restano i numeri degli incidenti mortali sul lavoro, che sono stati 694, il dato sarebbe in diminuzione rispetto all’anno precedente, ma 26 casi sono ancora al vaglio dell’istruttoria e se fossero tutti riconosciuti come casi mortali, si avrebbe, rispetto al 2014, un aumento dell’1,7% di incidenti fatali sul lavoro. L’espressione “infortuni sul lavoro” designa incidenti avvenuti per causa violenta in occasione di lavoro, da cui derivano la morte, l’inabilità assoluta o permanente. Questa definizione comprende anche quegli infortuni in itinere, ovvero che avvengono fuori dall’azienda ma legati a cause lavorative, che, stando ai dati, sono stati circa il 55% degli infortuni totali. Si distinguono poi da questi le malattie professionali, patologie che agiscono lentamente e progressivamente sulla persona, causandone in modo diretto l’infermità. Queste malattie, al contrario degli infortuni, hanno registrato un tendenziale aumento negli ultimi anni, confermata dai dati 2015 che dichiarano 59mila denunce, di cui il 34% attestato. Tra le malattie professionali aumentano quelle che colpiscono il sistema osteomuscolare e le malattie del sistema respiratorio, mentre diminuiscono le patologie tumorali, del 6,5%, e quelle relative al sistema nervoso. Un’osservazione più particolare mostra che le denunce di infortuni da parte delle donne sono nettamente minori rispetto a quelle degli uomini, 227mila circa contro 409mila, e mostrano una diminuzione, in misura maggiore rispetto agli ani precedenti.
Questi numeri sono ancora troppo alti. Per molto tempo, infatti, la prevenzione e la scarsa conoscenza dei rischi dei lavoratori non sono state questioni al centro dell’agenda. Le campagne di sensibilizzazione e le continue notizie di morti sul lavoro non bastano quando ci sono ancora dipendenti, datori o altre figure che considerano i corsi di formazione e sicurezza una “perdita di tempo”. Per cambiare questo paradigma è intervenuto lo Stato in diverse occasioni negli ultimi anni, con leggi che impongono ai datori di lavoro di adottare tutte le misure di sicurezza, compresi corsi formativi per i dipendenti. Quindi spesso sono gli stessi dirigenti e datori a promuovere e incoraggiare la formazione, anche allo scopo di evitare sanzioni. Secondo una ricerca, su 200 infermieri, risulta che i lavoratori giovani subiscono meno infortuni di quelli anziani, perché i primi sono a conoscenza di norme sull’igiene, mentre i secondi si affidano all’esperienza come indicatore di prevenzione e ritengono meno necessari i corsi sulla sicurezza e sono maggiormente ostili se, come di norma, la formazione viene ripetuta negli anni. Ma è proprio qui che diventa necessaria, nel momento in cui si sottovaluta l’importanza della sicurezza e dell’igiene sul lavoro, nel momento in cui si abbassa la guardia, perché finché ci sarà anche un solo morto per il lavoro, sarò una sconfitta per tutte le istituzioni.

 

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