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L’Eurozona rallenta, l’Italia si ferma

pilRallenta la crescita dell’Eurozona, il cui Pil è aumentato nel secondo trimestre dello 0,3% (+1,6% su base annua). Se Francia e Italia – praticamente ferme – hanno rappresentato una spinta verso il basso, la Germania ha sostenuto l’area dell’euro: nel secondo trimestre la crescita è stata dello 0,4%, valore comunque migliore delle previsioni (0,2%), mentre su base annua la crescita è stata dell’1,8%.
In Germania si osserva un buon andamento dei consumi interni e delle esportazioni, nel caso italiano – crescita zero sul trimestre, +0,7% rispetto allo stesso periodo del 2015 – la variazione congiunturale (come spiega l’Istat) “è la sintesi di un aumento del valore aggiunto nei comparti dell’agricoltura e dei servizi e di una diminuzione in quello dell’industria. Dal lato della domanda, vi è un lieve contributo negativo della componente nazionale (al lordo delle scorte), compensato da un apporto positivo della componente estera netta”.
L’Istat aveva anticipato già nella nota mensile la possibilità di un rallentamento dell’economia. In generale diversi indicatori hanno segnato una risalita, ma l’indicatore composito aveva tuttavia evidenziato un ulteriore calo, seppur di intensità più contenuta rispetto alle flessioni degli ultimi mesi. Anche il mercato del lavoro, poi, ha recentemente registrato dei progressi, ma il tasso dei posti vacanti – il rapporto percentuale fra i posti vacanti e la somma di questi e delle posizioni lavorative occupate – nel secondo trimestre 2016 si è attestato allo 0,5%, cioè in calo di 0,2 punti rispetto al trimestre precedente (la riduzione è stata dello 0,1% sia per i servizi che per l’industria, rispettivamente allo 0,6 e e allo 0,5%). Già questo poteva essere un primo campanello d’allarme per l’Italia. Una fase prolungata di rallentamento (e ancor di più una fase recessiva come quella che ha attraversato il nostro paese nel recente passato) è di solito foriera di un tasso di posti vacanti in diminuzione in quanto la contrazione dell’economia crea aspettative negative nelle imprese, che adottano allora una riduzione della produzione. Un ulteriore strumento per misurare la vivacità del mercato del lavoro, il tasso di posti vacanti riguarda il lato della domanda, quindi delle imprese.

 

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