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Il contrasto al caporalato in agricoltura

La nuova legge, approvata in via definitiva dalla Camera, sanziona anche i datori di lavoro che promuovono forme di sfruttamento e introduce tutele per le vittime
di Redazione

La Camera ha approvato in via definitiva il disegno di legge sul contrasto al cosiddetto “caporalato”, una pratica volta allo sfruttamento del lavoro (quasi sempre in nero) in agricoltura. Si tratta di un fenomeno diffuso su tutto il territorio nazionale, non solo nelle regioni meridionali come si tende spesso a credere. Le vittime di quest’uso distorto delle prestazioni lavorative nei campi agricoli sono, come è facile intuire, persone vulnerabili, o in gravi condizioni economiche o immigrati irregolari. Le tutele sono pari a zero, il guadagno misero (poche decine di euro per un numero di ore massacrante). Vessazioni e prepotenze sono all’ordine del giorno.

agricoltura

ALCUNI NUMERI
Pochi giorni fa l’Ansa riferiva (ma di esempi ne potremmo fare molti altri): “Nei primi nove mesi del 2016 la task force attiva nella provincia di Foggia per contrastare il caporalato e lo sfruttamento del lavoro nero in agricoltura, ha ispezionato 808 aziende agricole, 335 delle quali sono risultate irregolari. Nelle aziende sono stati trovati 610 lavoratori irregolari e 301 in nero. Sono state elevate sanzioni amministrative per oltre 910mila euro, 27 attività sono state sospese, 11 mezzi sequestrati e 17 persone denunciate per intermediazione illecita di manodopera”. Per comprendere meglio la portata di quella che è un’autentica piaga, il terzo Rapporto Agromafie e Caporalato dell’Osservatorio Placido Rizzotto (Flai Cgil) può fare al caso nostro.
Si stima che nel mondo le persone in condizioni di lavoro forzato sono 20 milioni, di cui 3,5 in agricoltura. I profitti derivanti da questa tipologia di lavoro ammontano a 150 miliardi di euro, di cui nove nel settore di attività economica in questione. Per quanto riguarda l’Italia, sono 80 gli epicentri nei quali sono stati riscontrati fenomeni di grave sfruttamento in agricoltura e caporalato. Un numero, tra lavoratori irregolari e potenziali vittime di caporalato, che oscilla tra 400 e 430 mila, 100 mila i lavoratori in Italia in condizioni di sfruttamento e grave vulnerabilità. Il danno economico prodotto dall’irregolarità di più di 400.000 lavoratori in agricoltura si aggira intorno ai 3,3 e i 3,6 miliardi di euro.

LE DIVERSE FORME DEL CAPORALATO
Il rapporto dell’Osservatorio Placido Rizzotto elenca poi i ruoli di chi dà forma al fenomeno. Ecco l’elenco:
Caporale – lavoratore: organizza le squadre e si occupa del trasporto (è il cd. Caponero), in alcuni casi lavoro anch’esso con la squadra.
Caporale tassista: si limita a gestire il trasporto e quella è la sua unica fonte di guadagno.
Caporale venditore: organizza le squadre e impone la vendita di beni di prima necessità, in alcuni casi fornisce l’alloggio.
Caporale aguzzino: utilizza violenza sistematica, sottrazione dei documenti e impone condizioni alloggiative indegne.
Caporale amministratore delegato: gestisce per conto dell’imprenditore l’intera campagna di raccolta con l’obiettivo di massimizzare i profitti attraverso pratiche illecite.
Caporale mafioso: colluso con la criminalità organizzata, il caporalato è solo una delle sue attività (oltre a tratta di esseri umani, truffa per documenti falsi e all’INPS, estorsioni, riciclaggio, etc). In alcuni casi ha un rapporto nei confronti dell’imprenditore di natura estorsivo.
Il caporale collettivo (nuovo caporalato): utilizza forme apparentemente legali (cooperative senza terra e agenzie interinali) per mascherare l’intermediazione illecita di manodopera.

LA NUOVA LEGGE
Per il caporalato erano già previste sanzioni e reclusione, quello che cambia ora è la fattispecie. Ad esempio “sanziona il datore di lavoro che utilizza, assume o impiega manodopera reclutata anche mediante l’attività di intermediazione (ovvero anche – ma non necessariamente – con l’utilizzo di caporalato)”. In particolare, si legge sul sito della Camera, “riscrive la condotta illecita del caporale, “ovvero di chi recluta manodopera per impiegarla presso terzi in condizioni di sfruttamento, approfittando dello stato di bisogno (è soppresso il riferimento allo stato di ‘necessità’); rispetto alla fattispecie vigente, è introdotta una fattispecie-base che prescinde da comportamenti violenti, minacciosi o intimidatori (non compare più il richiamo allo svolgimento di un’attività organizzata di intermediazione né il riferimento all’organizzazione dell’attività lavorativa caratterizzata da sfruttamento)”. In precedenza, infatti, l’idea di intermediazione era confusa, circostanza che continuava a favorire lo sfruttamento lavorativo. “Il provvedimento approvato – si spiega – si caratterizza, in primo luogo, per la riformulazione del delitto di Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, già inserito all’art. 603-bis del codice penale. La nuova formulazione della fattispecie penale, prevede la reclusione da uno a sei anni e la multa da 500 a 1.000 euro per ogni lavoratore reclutato”. Il nuovo articolo 603-bis prevede anche una fattispecie di caporalato caratterizzata dall’utilizzo di violenza o minaccia; è soppresso il vigente riferimento all’intimidazione. Le sanzioni rimangono invariate rispetto a quanto ora previsto dalla citata fattispecie-base (reclusione da 5 a 8 anni e multa da 1.000 a 2.000 euro per ciascun lavoratore reclutato). Tra le altre misure la confisca dei beni (alla stregua di quanto avviene con le organizzazioni criminali mafiose), l’arresto in flagranza e l’estensione della responsabilità degli enti. Vengono inoltre introdotte maggiori tutele per i lavoratori. In particolare “il provvedimento prevede l’assegnazione al Fondo anti-tratta dei proventi delle confische ordinate a seguito di sentenza di condanna o di patteggiamento per il delitto di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro di cui all’art. 603-bis del codice penale. La modifica comporta la destinazione delle risorse del Fondo anche all’indennizzo delle vittime del reato di caporalato”.

 

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