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L’economia russa è ancora in difficoltà

La situazione dovrebbe migliorare nel prossimo biennio, anche grazie al possibile aumento del prezzo del petrolio
di Mirko Spadoni

Maxim Oreshkin ha 34 anni ed è il nuovo ministro dell’Economia della Federazione russa. La nomina, annunciata nei giorni scorsi dal presidente russo Vladimir Putin, è avvenuta in seguito ad un grosso scandalo che ha coinvolto il predecessore di Oreshkin, Alexey Ulyukayev, accusato di corruzione. Indipendentemente dall’epilogo della vicenda, l’ormai ex ministro dell’Economia è la più alta carica dello Stato arrestata dal tentato golpe dell’agosto del 1991, pochi mesi prima del collasso dell’Unione sovietica. Oreshkin succede a Ulykayev in un periodo delicato per il Paese russo, che rappresenta uno dei principali partner economici dell’Italia.

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Rosstat, l’Istituto federale di statistica, prevede che nel 2016 il Prodotto interno lordo russo dovrebbe subire una contrazione compresa tra lo 0,5 e lo 0,6% e quindi superiore rispetto a quella prevista a settembre da Mosca (-0,2%). Nel 2015 il PIL russo si è contratto del 3,7% (il dato è sempre di Rosstat).
Intervenendo in occasione del suo discorso annuale all’Assemblea federale, il leader del Cremlino ha sottolineato che “le ragioni principali” alla base della lenta crescita dell’economia russa sono diverse e tra queste ha incluso la mancanza di investimenti, di tecnologia moderna e di scarsa competitività. Quindi “le ragioni principali per la fase di stallo della nostra economia sono interne”, secondo Putin. In quanto le sanzioni, imposte a Mosca dai Paesi occidentali in seguito allo scoppio della crisi ucraina, avrebbero avuto un ruolo marginale: “Due anni fa abbiamo dovuto affrontare sfide economiche gravi, con una sfavorevole congiuntura di mercato globale, con sanzioni che sono state progettate, come si suol dire, per costringerci a ignorare i nostri interessi nazionali fondamentali”.
Ma il PIL non è l’unica preoccupazione per il Cremlino. Il crollo del prezzo del petrolio ha ridotto notevolmente la capacità di spesa del governo russo, rendendo sempre più difficile il mantenimento in ordine dei conti pubblici. Alla fine di ottobre, in un documento di previsione macroeconomica, il Parlamento russo ha segnalato la necessità di tagliare ulteriormente la spesa pubblica, per poter ridurre il deficit pubblico – nel 2016 ha toccato il 3,7% del PIL – fino al target imposto dal governo, che prevede di abbassare il deficit al 3% del PIL nei prossimi 12 mesi. A farne le spese saranno la sanità pubblica, la difesa e l’istruzione. Mosca ha iniziato anche un processo di privatizzazione delle principali aziende di Stato. Tuttavia il SACE osserva che “la vendita è rallentata da molteplici faide tra burocrati e dalle sanzioni internazionali contro il Paese”.
La Russia sta vivendo una situazione delicata – secondo la Banca mondiale, nel 2016 oltre un milione di persone cadranno in stato di povertà, dopo i tre milioni dello scorso anno –, anche se dal prossimo anno le cose potrebbero migliorare: ipotizzando una risalita del prezzo del petrolio a 55 dollari al barile, la Banca mondiale prevede che il PIL russo potrebbe crescere tanto nel 2017 (+1,5%) quanto nel 2018 (+1,7%).
Le sanzioni imposte alla Russia dall’Unione europea hanno avuto un effetto anche sulle nostre imprese. Del resto, quello russo è uno dei principali mercati di sbocco – il 13esimo a livello mondiale, secondo il SACE – dell’export italiano. Nel 2015 abbiamo esportato beni per 7,1 miliardi di euro, pari al 25,2% in meno rispetto ai 9,5 miliardi dell’anno precedente. Il calo dovrebbe proseguire anche nel 2016 (-8,3%), salvo poi tornare a crescere nel 2018 (+1,8% su base annua) e nel 2019 (+1,9%). Il valore delle merci esportate nel 2019 (6,8 miliardi di euro) dovrebbe rimanere comunque molto al di sotto dei livelli registrati nel 2014.

 

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