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Il costo economico della pena di morte

Oltre alla loro effettiva o presunta deterrenza, le esecuzioni capitali richiedono una spesa notevole
di Mirko Spadoni

Il presidente delle Filippine, Rodrigo Duterte, dovrà attendere un po’ di tempo prima di mettere in atto i suoi propositi. L’ex sindaco di Davao ha dichiarato che vorrebbe “cinque-sei” esecuzioni di condannati al giorno. “Voi distruggete il mio Paese, e io distruggo voi”, ha detto intervenendo durante un discorso tenuto in occasione del 38esimo compleanno del pugile Manny Pacquiao. Le Filippine sono state il primo Paese asiatico ad abolire la pena di morte. Lo hanno fatto nel 1987, salvo poi reintrodurla nel 1993, a causa dell’aumento dei reati. Nel 2006 è stata nuovamente abolita dall’allora presidente Gloria Macapagal-Arroyo. Qualora il parlamento filippino dovesse accontentare il suo presidente, il numero dei Paesi dove è prevista la pena di morte tornerà a crescere.

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LA PENA DI MORTE NEL MONDO
Ad aprile Amnesty International osservava che “per la prima volta la maggioranza dei Paesi del mondo, 102, è completamente abolizionista. In totale, sono 140 quelli che non ricorrono più alla pena di morte per legge o nella prassi”. Nel 2015 quattro Paesi – l’elenco include le Figi, il Madagascar, la Repubblica del Congo e il Suriname – hanno abolito la pena di morte per tutti i reati mentre la Mongolia ha adottato un nuovo codice penale abolizionista che entrerà in vigore nel corso del 2016. Oltre alla sua effettiva o presunta deterrenza, la pena di morte ha un costo economico considerevole, dicono alcuni studi.

IL COSTO ECONOMICO
I motivi sono diversi. I processi, che si concludono con una condanna a morte, durano mediamente di più e richiedono una raccolta delle prove più accurata e quindi più costosa – nel Tennessee costano il 48% in più rispetto al costo medio dei procedimenti in cui i procuratori chiedono l’ergastolo –, con il coinvolgimento di un maggior numero di specialisti (psicologi, investigatori…). Inoltre, una volta emessa la sentenza e fino all’esecuzione, il condannato a morte è costretto all’isolamento, una forma di detenzione che richiede maggiori risorse economiche rispetto al carcere normale. Nel Costs Incurred for Death Penalty Cases: A K-GOAL Audit of the Department of Corrections del dicembre del 2003 si legge che nel Kansas un’esecuzione costa 1,26 milioni di dollari, il 70% in più rispetto ad una detenzione che non si conclude con una pena di morte (740mila dollari). In California l’attuale sistema costa 137 milioni di dollari all’anno contro gli 11,5 milioni che richiederebbe un sistema senza la pena capitale.

IL CASO STATUNITENSE
Il Death Penalty Information Center, un’organizzazione non-profit statunitense, scrive che il 2016 si concluderà con 20 esecuzioni, in calo rispetto alle 28 condanne a morte eseguite l’anno precedente (-39%). Anche il numero dei nuovi condannati a morte (30) è diminuito ed è il più basso dal 1972, anno in cui la Corte suprema dichiarò incostituzionale la pena capitale, reintroducendola quattro anni dopo. Il calo è dovuto a diversi fattori – criminalità in calo, l’incremento dei costi e dei tempi dei ricorsi presso la Corte suprema, le case farmaceutiche sono sempre meno disponibili alla produzione dei farmaci per le iniezioni letali –, ma anche alla volontà di Barack Obama, uno dei presidenti che ha eseguito il maggior numero di commutazioni: in un solo giorno, il 20 dicembre del 2016, Obama ha riconosciuto la commutazione di pena a 153 detenuti e ad altri 78 la grazia. Il maggior numero di atti di clemenza della storia degli Stati Uniti. Secondo i dati del Dipartimento di giustizia statunitense, dal suo insediamento alla Casa Bianca ad oggi, Obama ha commutato 1.176 pene e graziato 70 detenuti.

 

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