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Mercato del lavoro: resta profondo il divario di genere

Diversi punti percentuali separano il tasso di occupazione della componente femminile da quella maschile nonostante il trend osservato negli anni della crisi
di Redazione

È stata la componente femminile (+0,3%) a determinare la crescita della stima degli occupati a novembre, mentre quella maschile è diminuita dello 0,1%. Un trend simile – che ha caratterizzato anche l’andamento del terzo trimestre 2016 – ha interessato soprattutto gli anni della crisi, quando si evidenziò un crollo dell’occupazione nei comparti a prevalenza maschile. Il divario di genere è tornato però a crescere più di recente, una volta cioè che il mercato del lavoro ha ricominciato a registrare dinamiche positive.

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Le distanze, infatti, restano elevate. A novembre il tasso di occupazione maschile è sceso di un decimale, +0,2% quello femminile. Ma nel primo caso si attesta al 66,3%, nel secondo al 48,3%. Analogamente il tasso di disoccupazione maschile è aumentato all’11,4%, ma quello femminile è al 12,7%. E ancora: tra gli uomini il tasso di inattività è pari al 24,9%, quello femminile al 44,6%.
In un anno – dal terzo trimestre 2015 al terzo trimestre 2016 – si è registrata una variazione positiva del tasso di occupazione dello 0,5% tra gli uomini e dell’1,2% tra le donne, ma la differenza, al terzo periodo dell’anno, è di oltre 18 punti a favore dei maschi. Il divario di genere è tornato a crescere in particolare nel 2015, con l’indicatore al 65,5% per gli uomini e al 47,2% per le donne.
Questo differenziale resta tra i più alti in Europa e anche la qualità del lavoro è inferiore per le donne, in quanto spesso occupate nel terziario in professioni a bassa specializzazione. Considerata la fascia di età 20-64 anni, nell’Ue28 il tasso di occupazione femminile è nel 2015 al 64,2%, in Italia si colloca al 50,6%. E il tasso di mancata partecipazione al mercato del lavoro è nel nostro paese più alto: il 26,8% rispetto al 13,6 della media europea. In generale, la riduzione del tasso di occupazione nel periodo 2008-2015 è da attribuire soprattutto alla componente maschile, mentre quella femminile è rimasta sostanzialmente stabile. Certo è che le differenze di genere si osservano anche a livello europeo, considerati gli undici punti che separano le due componenti (il tasso di occupazione maschile lo scorso anno si attestava al 75,8%).
Importante, però, è la riduzione – che emerge dall’ultimo rapporto Bes (Benessere equo e sostenibile) dell’Istat – delle differenze tra i tassi di occupazione delle donne con figli in età prescolare e quelle senza figli. Una buona notizia perché i problemi di conciliazione tra vita e lavoro rappresentano ancora un grosso ostacolo, specialmente per le donne con basso titolo di studio e per le straniere.

 

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