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Eurozona: segnali incoraggianti per il 2017

A gennaio l’indice Pmi composito si è mantenuto saldamente oltre la soglia dei 50 punti, indicando una fase di espansione dell’area
di Redazione

Il 2017 dell’Eurozona sembra esser partito con il piede giusto. Certo, è presto per tirare le somme su come potrà andare l’intero anno, ma alcuni segnali positivi sono già pervenuti. Uno di questi è legato ai livelli occupazionali: Markit Economics, attraverso la sua indagine mensile flash ha rilevato il maggior aumento mensile del numero di occupati dal 2008. Altro segnale incoraggiante è legato all’indice Pmi.

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Come spiega la stessa Markit economics gli indici Pmi, basandosi “su indagini mensili svolte tra aziende scelte accuratamente, anticipano quello che accade nell’economia del settore privato monitorando variabili come la produzione, gli ordini, i livelli di magazzino, l’occupazione e i prezzi nel settore manifatturiero, edilizio, delle vendite al dettaglio e terziario”.
Per l’Eurozona, a gennaio, l’indice Pmi composito si è attestato a 54,3 punti, mantenendosi – sebbene in lieve rallentamento rispetto ai 54,4 punti di dicembre – ampiamente oltre la soglia dei 50 punti, indicando quindi una fase di espansione dell’attività dell’area (al di sotto dei 50 punti indicherebbe una fase di contrazione).
In particolare, emerge dall’analisi, l’indice Pmi relativo al settore dei servizi è sceso da 53,7 punti a 53,6, mentre quello manifatturiero è cresciuto di 0,2 punti, passando da 54,9 a 55,1 punti. Entrando nel dettaglio delle singole nazioni, nel resoconto Markit ha diffuso anche gli indici Pmi di Francia e Germania.
Oltralpe l’indice Pmi composito è salito a gennaio a 53,8 punti, contro i 53,1 di dicembre. Mentre quello dei servizi – al top da 19 mesi – segna un incremento da 52,9 a 53,9 punti, quello manifatturiero ha registrato una lieve diminuzione: da 53,5 a 53,4.
In Germania, invece, l’indice composito si è portato sotto i 55 punti, arretrando a 54,7 dai 55,2 di dicembre. A influenzare negativamente il dato composito è stato l’indice legato all’attività dei servizi, passato da 54,3 a 52,2, mentre quello manifatturiero è cresciuto di quasi un punto, passando da 55,6 a 56,5.
Come spiegato, quindi, il 2017 sembra esser partito con il ritmo giusto. Secondo Markit si tratta di un “forte inizio del 2017 per l’economia dell’eurozona. Il flash PMI di gennaio sta segnalando infatti una crescita considerevole del PIL trimestrale dello 0.4%, con un’espansione generale sia nel settore manifatturiero che quello dei servizi”.
Il dato è in linea con le stime dell’Eurostat che prevede un +0,4% congiunturale sia per l’ultimo trimestre del 2016 che per i primi due del 2017. Nel primo trimestre del 2017 la crescita tendenziale del Pil potrebbe riportare un +1,4%, per poi rafforzarsi al +1,5% nel secondo.

 

1 Commento per “Eurozona: segnali incoraggianti per il 2017”

  1. Naturalmente il Vecchio continente non nel pieno di un boom economico, ma in una ripresa lenta, secondo le proiezioni di molti economisti attorno all’1,5 per cento nel prossimo anno. Un altro dato considerato positivo la crescita, a lungo cercata dalla Banca centrale europea, dell’inflazione che a dicembre salita all’1,1 per cento (quasi il doppio del pi 0,6 per cento di novembre), raggiungendo il livello pi alto da tre anni a questa parte (anche se la crescita dovuta quasi integralmente all’aumento del costo dell’energia). “Dopo anni di crisi, c’ speranza per le economie dell’Eurozona”, dice il quotidiano tedesco Handelsblatt a proposito dei dati sulla crescita moderata per il 2017: “E’ un segnale positivo che la crescita e l’inflazione nell’eurozona aumentano leggermente, nonostante le incertezze relative a Trump e alla Brexit”, ha commentato il presidente dell’Istituto economico tedesco (Ifo), Clemens Fuest, Mentre per Marcel Fratzscher del think tank berlinese Diw i dati indicano che “come paziente la zona euro in via di guarigione, la medicina delle riforme economiche ha effetto” e l’economista tedesco convinto che per quest’anno ci saranno sorprese positive soprattutto dai paesi dell’Europa meridionale.

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