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Gli IDE generano posti di lavoro

Ma gli investimenti diretti esteri non garantiscono vantaggi esclusivamente sul fronte occupazionale
di Redazione

L’OCSE – l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo economico – ha rivolto all’Italia diversi inviti. Uno tra questi chiede al nostro Paese di rilanciare gli investimenti.
Quelli provenienti dall’estero – i cosiddetti IDE, acronimo che sta investimenti diretti esteri – hanno subito un calo particolarmente evidente, ad esempio.

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Il 50° Rapporto del CENSIS sulla situazione sociale del Paese osserva che nel 2015 il flusso in entrata di investimenti diretti esteri ha raggiunto gli 11,7 miliardi di euro, in diminuzione rispetto sia al 2014 (-1,2 miliardi di euro in meno) che nel 2013 (-2,9 miliardi). I flussi dall’estero si sono ridotti dal 5,3% al 4,3% del totale degli investimenti fissi lordi nel triennio.
Gli IDE offrono un contributo importante sul fronte occupazionale, generando nuovi posti di lavoro. L’edizione 2016 della European Attractiveness Survey di EY ha provato a quantificarne l’impatto. Il risultato che ne consegue non è tra i migliori per l’Italia. Nel 2015 gli investimenti diretti esteri in Europa hanno superato le cinquemila operazioni (in crescita del 14% rispetto all’anno precedente) che hanno dato un’occupazione a circa 220mila persone (+17%).
L’Italia non è tra le mete preferite dagli investitori stranieri, però: nel 2015 i progetti sono stati 55 – due in meno rispetto al 2014 –, ognuno dei quali ha creato mediamente 25 posti di lavoro (l’anno precedente furono 20) per un totale di 1.383 nuovi impieghi, in crescita rispetto ai 1.164 registrati nel 2014 e ai 732 del 2013.
Quello dell’Italia nel 2015 è un risultato lontano da quello ottenuto da altre economie europee: ad esempio, il Regno Unito, la Polonia e la Germania sono riuscite a creare (rispettivamente) 42.336, 19.651 e 17.126 posti di lavoro.
Ma gli investimenti diretti esteri non offrono vantaggi esclusivamente occupazionali. A trarne vantaggio è il sistema nel suo complesso, che ha così la possibilità, grazie anche ad una maggiore interazione con realtà diverse, di migliorare le proprie competenze oltre a favorire la partecipazione delle imprese alle reti produttive internazionali.
Qualche tempo fa, la CGIA di Mestre osservava investimenti esteri diretti verso l’Italia sono frenati da diversi fattori (il peso delle tasse, la burocrazia, il deficit infrastrutturale e il basso livello di sicurezza che caratterizza alcune aree del Paese…).

 

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