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Inflazione in risalita, ma la BCE rimane cauta

Ad aprile l'inflazione nell'Eurozona si è attestata al +1,8%, in risalita rispetto al mese precedente. Alcuni Paesi però sono ancora indietro rispetto agli obiettivi della Banca centrale europea, che spiega di non voler allentare gli stimoli
di Redazione

Il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, pur spiegando che la ripresa in atto nell’Eurozona è sempre più solida, ha comunque sottolineato che l’accomodamento monetario rimarrà tale ancora a lungo, non escludendo un rafforzamento qualora se ne verificasse la necessità.

Sostanzialmente l’indicatore che ancora oggi preoccupa l’Eurotower, nonostante la fase di risalita dell’intera area, è quello relativo all’inflazione. L’obiettivo della Bce è un livello vicino – ma inferiore – al 2% per tutti i Paesi dell’Eurozona.
Ad oggi, secondo le tabelle dell’Eurostat, ad aprile l’inflazione dell’area euro è pari all’1,9% e potrebbe essersi attestata all’1,8% alla fine del primo trimestre, un dato che però – secondo le stime contenute nell’Eurozone economic outlook – potrebbe scendere all’1,7% alla fine del terzo trimestre dell’anno in corso.
Tutto sommato, nell’Eurozona i livelli sono molto vicini all’obiettivo fissato dalla Bce. Il problema, come sottolineato anche dal presidente Draghi, è che non in tutti i Paesi dell’area l’inflazione è risalita come sperato. Basti pensare, ad esempio, che le ultime rilevazioni dell’Istat mostrano in Italia un andamento piuttosto altalenante. Al +1,6% registrato dall’Istat a febbraio, è seguito il rallentamento al +1,4% di marzo. Incoraggianti, invece, gli ultimi dati che indicano un +1,8%. Di fatto, il livello acquisito per il 2017 è pari all’1,3% (era all’1,1% a marzo), che segue ad ogni modo un prolungato periodo di bassa inflazione.
Non solo nel nostro paese, anche in Francia l’inflazione è ancora lontana dagli obiettivi, 1,4%, o in Germania, dove si attesta all’1,5%. Dati che giustificano la convinzione dell’Eurotower di proseguire con l’accomodamento monetario. Non bisogna inoltre trascurare che l’inflazione di fondo (escluse, quindi, le componenti più volatili come l’energia o i beni alimentari e le bevande), nonostante i miglioramenti dell’ultimo periodo, è ancora molto al di sotto del 2% sperato. Si parla dell’1,3% nell’Eurozona e dell’1% in Italia.
La Banca centrale europea, infatti, ha intenzione di mantenere bassi i tassi di interesse anche dopo la fine del programma di acquisti di titoli di Stato (il quantitative easing). Ai livelli odierni si parla di un 0,00% per il tasso d’interesse principali e di un -0,40% per quello sui depositi bancari; +0,25%, invece, per quello di rifinanziamento marginale.
Ma perché dare tanta importanza al trend dell’inflazione? Con prezzi al consumo in crescita i consumatori tendono a fare maggiori acquisti rispetto a periodi in cui i prezzi calano, questo perché la paura che i prezzi possano aumentare ulteriormente porta a non rimandare gli acquisti. Con consumi in crescita la produzione delle industrie aumenta e di conseguenza è costretta ad aumentare la propria forza lavoro, dando slancio all’economia. Una spirale virtuosa, insomma, con ripercussioni positive sulla spesa per consumi e sull’occupazione.

 

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