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Italia in risalita, ma restano le difficoltà per famiglie e imprese

Nella fascia di età 15-24 anni il tasso di occupazione sale al 17,2% nel mese di marzo, +0,8% rispetto allo scorso anno
di Redazione

Se per certi versi la crisi economica sembra aver allentato la sua morsa sull’Italia, determinate circostanze ne fanno ancora percepire lo spettro. Come, ad esempio, il fatto che nel 2016 oltre 105mila persone sono entrate nell’area del disagio sociale o, ancora, che una start-up su due chiude entro i cinque anni di vita.

Le difficoltà riscontrate dalle imprese nel corso degli anni della crisi economica sembrano infatti, almeno in parte, ancora attuali. Nonostante le risalite registrate in determinati settori, le difficoltà di accesso al credito e i consumi ancora carenti limitano gli investimenti delle aziende e quindi le nuove assunzioni con una diffusione sempre più ampia del precariato.
Secondo i numeri di Unimpresa, ad oggi sono 9,5 milioni gli italiani che non ce la fanno, un numero ottenuto sommando i tre milioni di disoccupati ai contratti di lavoro a tempo determinato (803 mila i part time e 1,71 milioni i full time), gli autonomi part time (803 mila), i collaboratori (3284 mila) e i lavoratori con contratto a tempo indeterminato ma part time (2,67 milioni di persone). Sono 6,7 milioni gli italiani che lavorano i una situazione di precarietà.
In particolare il Centro Studi segnala un aumento del 2,35% degli italiani nell’area del disagio sociale tra il 2015 ed il 2016, con un aumento nel periodo considerato del 6,18% per i disoccupati e dello 0,45% per i precari. Da segnalare, comunque, l’aumento del 6,18% che ha interessato gli ex-inattivi, comportando quindi una maggior partecipazione al mercato del lavoro.
Altri dati poco lusinghieri giungono poi dalla Cgia di Mestre. Secondo una recente elaborazione del Centro Studi dell’Associazione Artigiani e Piccole Imprese il 55,2% delle imprese chiude i battenti entro i primi cinque anni di vita. A soffrire maggiormente – come più volte evidenziato da numerosi studi – sono le costruzioni, per le quali il dato sale al 62,7%. Ancora in difficoltà anche il commercio, con il 54,7%, e i servizi, con il 52,9%. Stando ai dati il settore che sembra cavarsela meglio è quello industriale, con il 48,3%.
Basti pensare che, secondo le rilevazioni di Unioncamere, ad oggi il numero totale delle imprese è inferiore del 2,6% (137.536 unità in meno) al 2009. Le imprese artigiane sono addirittura il 9,2% in meno, a fronte del calo dello 0,1% registrato da quelle non artigiane (che hanno innescato la strada della risalita nel 2015).

 

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