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I fattori che frenano gli IDE

Sono diversi e incidono negativamente sull'appeal dell'Italia che non riesce ad essere attraente quanto i principali partner europei
di Redazione

Diversi indici classificano i Paesi a seconda di quanto possono essere attraenti per gli investitori esteri. Quello di At Kearney – il FDI, acronimo inglese che sta per Foreign direct investment –, sostiene che l’Italia ha accresciuto il suo appeal. Nonostante i tanti fattori che frenano gli IDE.

Nella classifica di At Kearney, l’Italia ha guadagnato tre posizioni, raggiungendo il 13esimo posto sui 25 disponibili. Si tratta di una notizia positiva – maggiore è l’appeal di un Paese, più alte sono le probabilità di crescita per gli investimenti (stranieri e non) –, specie considerando che i nostri principali partner europei riescono ad attirare un maggior numero di investimenti: una ricerca condotta da UHY, che ha analizzato l’incidenza degli investimenti diretti esteri (IDE) sul PIL delle 44 maggiori economie del mondo, rivela che nel 2015 gli investimenti stranieri diretti in Italia sono stati pari allo 0,7% del Prodotto interno lordo (il nostro Paese è al 36esimo posto nella classifica stilata da UHY). Una quota più bassa alla media europea (2% del PIL) e inferiore a quella rilevata tra le principali economie europee: Spagna (2,1%), Gran Bretagna (1,8%), Francia (1,4%) e Germania (1,4%)
Nel 2015 gli investimenti esteri nella Penisola hanno raggiunto i 13 miliardi di dollari contro gli oltre 50 in Gran Bretagna, 46 in Germania, 35 in Francia e 25 in Spagna.
L’UHY sottolinea che alcuni fattori – lo studio cita il calo delle imposte introdotto dalla legge di Stabilità che porta la tassazione sul reddito di imprese dal 31,4% al 27,9% nel 2017 – potrebbero rendere l’Italia più competitiva.
Tante sono le cose che disincentivano gli stranieri dall’investire in Italia. In un’analisi relativa agli IDE in Italia nel 2014, la CGIA di Mestre ne ha indicati diversi: la burocrazia, il peso della tassazione, il ritardo dei pagamenti nelle transazioni commerciali, il deficit infrastrutturale, il basso livello di sicurezza presente in alcune aree del Paese e la “lentezza” della giustizia civile.
Secondo un recente studio pubblicato dalla Commissione Europea, la riduzione delle cause pendenti per numero di abitanti potrebbe aumentare gli investimenti esteri diretti in Italia: abbassarle al livello della media europea potrebbe di per sé generare afflussi extra dall’estero per un valore compreso tra lo 0,66 e lo 0,86 del PIL (ovvero tra i 10,8 e i 14,1 miliardi di euro l’anno in più).

 

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