L’occupazione cresce, ma di che tipo si tratta?
La fluttuazione mensile dei dati sull’occupazione è ampia anche con bruschi scostamenti. Lo scorso mese ad esempio è stato ampiamente commentato, come importante novità, il calo degli occupati ultracinquantenni che però, nei dati di aprile, è già stato recuperato. È forse quindi consigliabile, per tutti, prendere a riferimento per giudizi e considerazioni, un periodo di tempo più consistente. Il dato annuale che l’Istat propone, pare essere il più stabilizzato. Questo dato (aprile 2016/aprile 2017) rileva una crescita dell’occupazione di 277 mila unità su base annua. Ma di che tipo di occupazione si tratta?
Il saldo è dato da una crescita (+380 mila) tra i lavoratori dipendenti e un calo fra gli indipendenti (-103 mila). Ma, dei 380 mila dipendenti in più, e nonostante gli incentivi, solo il 40,8% (+155 mila) ha un contratto stabile, mentre, la maggioranza del 59,2% (+225 mila) sono lavoratori a termine. Cresce dunque l’occupazione, ma in netta prevalenza si tratta di occupazione precaria e questo dato è progressivamente in aumento.
L’andamento dell’occupazione per classi di età è un altro elemento di qualità utile ad interpretare il dato quantitativo. Sempre su base annua la classe di età che cresce è quella degli ultracinquantenni. L’aumento complessivo di 277 mila unità è composto da +362 mila fra chi ha oltre i 50 anni, + 4 mila da 15 a 24 anni e -89 mila fra 25 e 49 anni, con un consistente invecchiamento della popolazione occupata. E’ evidente quindi che il dato generale non è solo legato ad assunzioni, ma prevalentemente fra gli over 50 da una corposa diminuzione delle cessazioni determinata dal calo dei pensionamenti, e da un travaso progressivo dalla classe di età precedente.
Infine disoccupazione e inattività. Il dato di aprile prevede un forte calo mensile sul mese di marzo e si attesta all’11,1%. Tanto forte che rappresenta oltre il 70% dell’intero calo annuo. Anche in questo caso dunque meglio verificare l’andamento dei mesi successivi. Ma siamo ancora quasi al doppio del dato nazionale 2007-2008 e due punti circa più alti dell’attuale media della UE a 28.
Parlando di disoccupazione, come in ogni rilevazione, il confronto deve essere correlato all’andamento dell’inattività. È quindi intenzione della FDV proporre nelle prossime settimane, oltre all’indicatore sull’area del disagio e della sofferenza occupazionale, un approfondimento specifico su questo tema.
*presidente della Fondazione Giuseppe Di Vittorio