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Assunzioni al buio. Quali vantaggi?

Il blind recruitment è una pratica molto diffusa, soprattutto negli Stati Uniti e in Francia. Anche in Italia diverse aziende stanno adottando questo metodo per la selezione del personale
di Silvia Capone

Un recente articolo dell’Hays Journal, pubblicazione del gruppo Hays una delle più importanti società di selezione del personale, ha messo in luce come si stia diffondendo, anche in Italia, il blind recruitment, ovvero le assunzioni al buio. Questo metodo prevede che nei curriculum dei candidati non siano espresse le informazioni che possono veicolare pregiudizi, inconsci o espliciti, come il genere, l’età, il nome, la nazionalità.

L’obiettivo è diversificare il personale nei luoghi di lavoro senza che i tratti del candidato influiscano sulla scelta finale. Il metodo appare la prima volta negli anni ’80 durante le selezioni per la Toronto Symphony Orchestra, in cui le audizioni “al buio” dietro un vetro scuro fecero sì che la composizione dell’orchestra fu stravolta, passando da una totalità di uomini a una parità di genere e un conseguente miglioramento della capacità musicale. Tramite i colloqui al buio, quindi, si è cercato di eliminare il diverso trattamento sulla base del genere – come è noto, nella ricerca di lavoro a parità di percorso formativo e lavorativo, le donne sono svantaggiate rispetto agli uomini –, ma non solo: il blind recruitment, ad esempio, si è diffuso in tutti gli Stati Untiti come strumento di lotta al razzismo. Cercando di garantire almeno una chance a chiunque, il blind recruitment assicura che il reclutatore conosca le origini, o altre informazioni del candidato solo al momento del colloquio faccia a faccia. Il CV anonimo è negli Stati Uniti “istituzionalizzato”, al punto da essere la normalità. Anzi: molti selezionatori tendono direttamente a scartare quei curriculum provvisti di foto.
E in Europa come stanno le cose? In Francia il curriculum anonimo è legge per le aziende con più di 50 dipendenti, in cui i candidati, spesso soggetti a discriminazioni razziali, esplicitano esclusivamente la loro storia professionale.
In Italia, la pratica si sta diffondendo soprattutto nelle grandi aziende, ma ha visto un “precursore” nel Comune di Bologna, quando nel 2016 ha dovuto scegliere i componenti del Comitato dei garanti (l’organismo che giudica l’ammissibilità o meno del referendum consultivo comunale).

Il CV anonimo fa sì che oltre a eliminare pregiudizi, quali il razzismo o il genere, con particolare riferimento al caso italiano l’oggettività delle informazioni potrebbe eludere corruzione, favoritismi e rapporti clientelari e rendere così effettivamente trasparenti concorsi pubblici. L’efficacia delle assunzioni al buio, talvolta messa in discussione in Francia, in particolare da una ricerca realizzata dal Crest (Centro di ricerca in economia e statistica) nel 2011, secondo cui il CV anonimo penalizzerebbe gli immigrati disoccupati e le classi sociali più fragili, quindi produrrebbe l’effetto contrario di quello sperato. La critica poggia sulla convinzione che con un CV di tipo tradizionale i candidati socialmente più svantaggiati hanno una possibilità su dieci di essere chiamati per un colloquio, mentre con quello anonimo le opportunità sarebbero una su 22, in ragione del fatto che i reclutatori non terrebbero conto della provenienza dell’aspirante lavoratore.

C’è però da osservare che chi intende adottare questo metodo di assunzione deve anche accettarne le conseguenze, ovvero la probabilità che determinate categorie restino escluse secondo criteri prevalentemente – almeno nelle intenzioni – meritocratici: non viene assunta una persona per la sua condizione sociale, ma per la sue esperienze e capacità. Il blind recruitment nasce per i migliori scopi, ma si scontra spesso con la realtà: la valutazione di un candidato deve perciò essere integrata tramite colloquio, occasione in cui si “misurano” anche le soft skills, che altrimenti verrebbero trascurate con la sola lettura del CV. Inoltre per attuare un buon blind recruitment è necessario essere a conoscenza di quali paramenti potrebbero essere oggetto di pregiudizi e continuare l’opera di inclusione anche all’interno del contesto lavorativo.

GALASSIA LAVORO

 

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