Crescono le rimesse dei lavoratori migranti
Un rapporto dell’IFAD – acronimo che sta per International Fund for Agricultural Development, un’agenzia specializzata delle Nazioni Unite – rileva che le rimesse (ovvero il denaro che i lavoratori migranti inviano nel proprio Paese) hanno raggiunto i 445 miliardi di dollari nel 2016, pari al 51% in più rispetto al decennio scorso.
Le rimesse dei tanti lavoratori migranti (secondo l’IFAD, nel mondo, sono circa 200 milioni) rappresentano un’importante – se non addirittura l’unica – forma di sostegno economico per 800 milioni di famiglie. Del resto, le piccole quantità di 200 o 300 dollari, che ogni migrante invia a casa, rappresentano circa il 60% dei redditi familiari.
“Le rimesse possono aiutare le famiglie dei migranti a costruire un futuro più sicuro, rendendo la migrazione per i giovani più una scelta che una necessità”, ha osservato uno dei principali autori del rapporto dell’IFAD, Pedro de Vasconcelos.
I migranti inviano a casa solo una parte del denaro guadagnato, ovviamente: secondo l’IFAD, circa l’85% delle loro entrate, pari a circa tremila miliardi di dollari, rimane nel Paese che li ospita.
L’India, con 62,7 miliardi di dollari nel 2016, la Cina (61 miliardi) e le Filippine (29,9 miliardi) occupano le prime tre posizioni nella graduatoria che classifica i Paesi in base alla quantità di denaro inviato dai lavoratori migranti.
Il dato sulle rimesse dovrebbe crescere: le stime prevedono un’ulteriore incremento per quest’anno. L’IFAD sostiene che nel 2017 le rimesse dovrebbero aumentare fino a raggiungere i 450 miliardi di dollari (+5 miliardi su base annua). In Italia, le cose vanno diversamente.
L’ISMU – un ente scientifico indipendente, che studia i fenomeni migratori in Lombardia, Italia ed Europa – sottolinea che le rimesse dal nostro Paese sono in calo da due anni consecutivi (complessivamente hanno raggiunto poco più di 5 miliardi di euro nel 2016: -3,4% rispetto al 2015). A partire dal 2012 le rimesse sono diminuite in modo costante, dopo la forte crescita registrata tra il 2005 e il 2011 (da 3,9 a 7,4 miliardi di euro).
Il calo ha riguardato i lavoratori stranieri con intensità diverse: alcuni hanno ridotto molto la quantità di denaro inviata a casa (i cinesi), altri lo hanno fatto di meno (i filippini) e altri ancora l’hanno addirittura aumentata, nonostante le difficoltà economiche generali (i bengalesi).
Interessante il caso cinese: nel 2016 i cinesi hanno inviato a casa 238 milioni di euro (-57% su base annua). Poca cosa se confrontati ai 2,7 miliardi di euro del 2012.
Attualmente la Cina occupa così l’ottavo posto della graduatoria che classifica i Paesi in base alla quantità di denaro inviato dall’Italia e quindi a qualche gradino di distanza dalla Romania (prima), dal Bangladesh (secondo, con 487 milioni di euro) e dalle Filippine in terza posizione (340 milioni).