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Così lavoro e integrazione nell’UE

Sebbene negli ultimi anni i livelli occupazionali siano migliorati tra i diversi gruppi sociali, il divario resta evidente per quanti non sono nati nell'Unione europea. I dati Eurostat
di Redazione

Misurare le statistiche di integrazione nell’Unione europea significa osservare quelle dinamiche che concorrono allo sviluppo di tale processo. Occupazione, istruzione, inclusione sociale e cittadinanza attiva nel paese ospitante sono tra i fattori che favoriscono il percorso, allo scopo di massimizzare le opportunità che derivano dai flussi migratori.

La migrazione può derivare da una combinazione di elementi – l’economia, l’ambiente, la politica e la società – che quando relativi al paese di origine chiameremo allora fattori di spinta, quando interessano i paesi di destinazione si parlerà al contrario di fattori di attrazione (push factors vs. pull factors). In un report di recente pubblicazione l’Eurostat ricorda che nei paesi di destinazione la migrazione internazionale può risolvere alcuni problemi (si pensi proprio al mercato del lavoro), ma da sola non può risolverli tutti. Come ad esempio invertire il trend in corso in molti paesi dell’UE dell’invecchiamento della popolazione, che tanto costa in termini economici (crollo della produttività) e sociali (soprattutto per la sostenibilità dei sistemi pensionistici).

I FLUSSI MIGRATORI NELL’UE
Il numero totale delle persone immigrate regolarmente in uno degli Stati UE-28 ammonta a 4,7 milioni nel 2015, a fronte di 2,8 milioni di emigranti. Le cifre, spiega l’Eurostat, non comprendono esclusivamente persone extra-UE, ma includono i flussi in generale, quindi anche da un paese UE ad un altro. Si tratta ad ogni modo di una tendenza al rialzo, considerando che nel 2006 si registrarono 3,7 milioni di persone immigrate in uno degli Stati UE-28. Un primo incremento si era già osservato nel 2007 quando si passò a 4,1 milioni, soglia poi gradualmente diminuita per risalire nel 2010 a 3,3 milioni. È nel 2013 che il numero è tornato a crescere, accelerando ancora nel biennio successivo. Nel 2015 si è registrato il valore più alto dal 2006, nonché l’aumento più sostenuto in un anno (+900 mila rispetto al 2014).
Su 4,7 milioni di immigrati i cittadini extracomunitari sono 2,4 milioni. La Germania è il paese che ospita il numero complessivo più elevato di migranti (oltre il milione e mezzo), seguita dal Regno Unito (631,5 mila), Francia (363,9 mila), Spagna (342,1 mila) e l’Italia (280,1 mila). La Germania è anche il posto dove si osserva il maggior numero di emigrati nel 2015 (347,2 mila), seguita stavolta dalla Spagna (343,9 mila), il Regno Unito (299,2 mila), Francia (298 mila) e Polonia (258,8 mila). In paesi come Bulgaria, Irlanda, Grecia, Spagna, Croazia, Cipro, Polonia, Portogallo, Romania, Lettonia e Lituania, il numero di chi è emigrato – nel periodo di riferimento – è superiore a quello degli immigrati.

IL MERCATO DEL LAVORO
Il mercato del lavoro – su cui soffermeremo in particolare in questo articolo – presenta variabili che molto spiegano del processo di integrazione di persone immigrate nell’UE. Il tasso di attività della popolazione UE-28 varia in maniera significativa in base alla cittadinanza. L’Eurostat afferma che negli ultimi otto anni i cittadini di paesi terzi hanno registrato sistematicamente tassi di attività più bassi rispetto a quelli dell’UE o ai cittadini stranieri che da un paese europeo si sono trasferiti in un altro. Dal 2009 questo divario è cresciuto: nel confronto tra i cittadini UE e quelli provenienti da Stati extra-UE, il gap è aumentato da tre punti percentuali nel 2008 a otto nel 2015 (da sei punti a 12 nello stesso periodo rispetto a quello precedente tra i cittadini europei migranti). Nel 2015 il tasso di attività dei cittadini extracomunitari si attesta al 69,8% (in diminuzione dal 70,5% nel 2014). Al contrario, tra i cittadini europei in transito, il tasso di attività passa dall’81,3% nel 2014 all’81,6% nel 2015. Complessivamente, però, la partecipazione al mercato del lavoro negli ultimi anni aumenta per entrambi i gruppi.
Il tasso di disoccupazione complessivo dell’UE-28, nel 2015, per l’intera classe di età 20-64 anni, si colloca al 9,2%, in diminuzione di 0,8 punti rispetto al 2014. Nello stesso anno il tasso di disoccupazione tra i cittadini non-UE si attesta al 18,9%. Questo gruppo è quello che ha registrato il più ampio aumento della disoccupazione rispetto al periodo 2008-2015 e, contestualmemte, la diminuzione più consistente – alla stregua dei cittadini dell’Unione europea – tra il 2014 e il 2015. Il tasso di disoccupazione dei cittadini extracomunitari era di circa 12 punti superiore a quella dei cittadini UE nel biennio 2011-2013, ma il divario si è poi ridotto a 10 punti.
La disoccupazione di lunga durata, che coinvolge le persone in cerca di impiego da almeno 12 mesi, è aumentata anch’essa tra chi non è nato nell’UE, mentre l’occupazione giovanile è più bassa per la popolazione di riferimento extra-UE.

 

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