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Catalogna: il punto sul referendum

Nonostante il parere contrario di Madrid, le autorità catalane hanno annunciato che la consultazione si terrà comunque
di Mirko Spadoni

Il governo catalano ha ribadito che il referendum sull’indipendenza della Catalogna si terrà alla data stabilita: domenica 1° ottobre. Piaccia o meno a Madrid. Venerdì il vice-presidente catalano, Oriol Junqueras, ha spiegato che la consultazione referendaria ci sarà nonostante i tanti pareri contrari – il Tribunale costituzionale spagnolo l’ha dichiarata illegale, perché contraria ai dettami della Costituzione: un referendum così importante può essere indetto solo dal Parlamento e dal governo spagnoli –, fornendo anche qualche informazione in più.

I cittadini catalani chiamati al voto sono 5,3 milioni e dovranno recarsi in uno dei 6.249 seggi aperti, divisi in 2.315 collegi elettorali. Le urne saranno aperte dalle ore 8 alle 20 mentre un collegio di universitari garantirà il corretto svolgimento delle operazioni di voto. E se, obbedendo agli ordini impartiti da Madrid, le forze di polizia impediranno agli elettori di avvicinarsi alle urne? I rappresentanti del governo catalano hanno garantito che sono previste delle “alternative” per i seggi che potranno essere bloccati, senza specificare quali.

Madrid le ha tentate tutte (o quasi) per impedire la consultazione: nei giorni scorsi, tra le altre cose, alcuni membri del governo catalano sono stati arrestati dalla Guardia Civil – un corpo di gendarmeria con funzioni di polizia militare –, oltre 9,3 milioni di schede elettorali sono state sequestrate e diversi siti favorevoli alla causa indipendentista sono stati oscurati. Mentre non sono state trovate le urne elettorali, senza le quali (ovviamente) è impossibile condurre una consultazione.

Diverse sono le cose ancora poco chiare. Ad esempio, una Catalogna indipendente sarà più ricca o meno? Uno studio del ministero dell’Economia spagnolo stima che un’eventuale secessione avrebbe un impatto negativo sul Prodotto interno lordo catalano, riducendolo di una cifra che va dal 25 al 30% rispetto a quello attuale. Secondo il ministero degli Esteri, invece, il calo potrebbe essere del 19%.

Difficile prevedere il risultato referendario – un sondaggio di luglio citato dal Guardian dà gli indipendentisti al 41,1% contro il 49,4% di chi è a favore dello status quo – e cosa ancora più complicata è sapere in anticipo cosa potrà succedere dopo la votazione. Il responsabile degli Esteri catalano, Raul Romeva, ha fatto un po’ di chiarezza in merito: se vincerà il Sì, entro 48 ore dalla pubblicazione dei risultati, il Parlamento “approverà una dichiarazione di indipendenza”, mentre in caso di vittoria del No, il governo catalano si dimetterà e proclamerà nuove elezioni regionali.

Le conseguenze a livello europeo, infine. Nei giorni scorsi il presidente della Commissione europea, Jean Claude Juncker, ha chiarito che, in caso di indipendenza dalla Spagna, la Catalogna non entrerà automaticamente tra gli Stati membri dell’Unione europea, ma dovrà farne richiesta. Salvo poi specificare che Bruxelles accetterà il risultato di un eventuale referendum, solo se verrà approvato anche dal Parlamento spagnolo.

 

1 Commento per “Catalogna: il punto sul referendum”

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