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Eurozona in ripresa, ma gli stimoli restano necessari

Secondo il Direttivo, infatti, per assicurare un ritorno dell’inflazione verso livelli inferiori ma prossimi al 2% è ancora necessario un ampio grado di accomodamento monetario
di Redazione

I risultati dell’ultima indagine della Banca centrale europea, illustrati nel consueto Bollettino economico, e i dati più recenti confermano la solidità dell’espansione dell’attività dell’Eurozona.
Nel terzo trimestre del 2017, infatti, il PIL è aumentato dello 0,6 per cento su base congiunturale, dopo la crescita dello 0,7 per cento registrata già nel secondo trimestre. La domanda interna, in particolare la spesa per investimenti fissi – si legge nell’analisi dell’Istituto -, ha continuato a fornire il principale contributo, coadiuvata, in misura minore, dalle esportazioni nette e dalla variazione delle scorte. Dal lato della produzione, l’attività economica si è espansa, con una forte crescita del valore aggiunto nell’industria (escluse le costruzioni) e una crescita lievemente inferiore nei settori delle costruzioni e dei servizi.

Un andamento che già nella riunione di metà dicembre aveva portato gli esperti a rivedere al rialzo le prospettive di crescita del Prodotto interno lordo dell’area: +2,4% nel 2017, +2,3% nel 2018, +1,9% nel 2019 e +1,7% nel 2020.
Anche i mercati del lavoro nell’area euro continuano ad evidenziare dinamiche di crescita. Nel terzo trimestre del 2017 l’occupazione è aumentata di quasi mezzo punto (+0,4%) sul periodo precedente, portando l’incremento annuo all’1,7%. «L’occupazione – evidenzia la Bce – si colloca attualmente a un livello dell’1,2% superiore al massimo pre-crisi registrato nel primo trimestre del 2008». Un trend positivo, soprattutto se si considera che il miglioramento del mercato del lavoro sta continuando a sostenere la crescita dei redditi, con risultati incoraggianti – grazie anche alle misure di politica monetaria della Bce – anche sul fronte della spesa per consumi.
Per quanto riguarda invece i prezzi, nell’area dell’euro l’inflazione sui dodici mesi misurata sullo IAPC si è collocata all’1,5% a novembre, dall’1,4 di ottobre. «Nel contempo – emerge ancora dal Bollettino -, le misure dell’inflazione di fondo hanno registrato una certa moderazione di recente, in parte a causa di fattori straordinari. In prospettiva, sulla base dei prezzi correnti dei contratti future sul petrolio, è probabile che l’inflazione complessiva diminuisca nei prossimi mesi, riflettendo soprattutto gli effetti base dei prezzi dell’energia, per poi tornare a crescere. L’inflazione di fondo dovrebbe aumentare gradualmente nel medio periodo, sostenuta dalle misure di politica monetaria della BCE, dal perdurare dell’espansione economica, dalla corrispondente riduzione della capacità inutilizzata nell’economia e dalla più vigorosa dinamica salariale». Secondo le previsioni, quindi, il tasso annuo di inflazione si attesterà all’1,5% nel 2017, all’1,4% nel 2018, all’1,5% nel 2019 e all’1,7% nel 2020. Dato che nel breve termine rimarrà dunque ancora al di sotto del target del 2% fissato dal Consiglio Direttivo. Non a caso il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, nell’incontro con i giornalisti ha ribadito l’intenzione dell’Istituto di mantenere l’attuale «sostegno monetario». Secondo il Direttivo, infatti, per assicurare un ritorno dell’inflazione verso livelli inferiori ma prossimi al 2 per cento è ancora necessario un ampio grado di accomodamento monetario.

 

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