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Lavoro: l’occupazione femminile cresce, ma i divari restano

Le differenze di genere non riguardano solo il nostro paese. Ma i diversi andamenti molto dipendono dalle dinamiche del mercato del lavoro di riferimento
di Redazione

Nel 2016, su 1,7 milioni di scienziati e ingegneri presenti nell’UE, il 60% erano uomini e il 40% donne. Gli uomini si concentrano principalmente nel settore manifatturiero (l’83% degli scienziati e ingegneri nella manifattura sono di sesso maschile), mentre il settore dei servizi risulta essere più equilibrato (55% uomini e 45% donne). Solo in tre Stati dell’UE la maggior parte degli scienziati e degli ingegneri sono donne: Lituania (58%), Bulgaria (54%) e Lettonia (52%). Al contrario, meno di un terzo degli scienziati e degli ingegneri sono donne in Lussemburgo (25%), Finlandia (28%), Ungheria (31%), Austria (32%) e Germania (33%). Questi dati sono stati diffusi alcuni giorni fa dall’Eurostat in occasione della Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella Scienza, che si è celebrata l’11 febbraio. Sono numeri che aiutano a capire, pur con i dovuti distinguo, le differenze di genere che ancora si osservano in Europa.

In Italia il problema è per certi versi più sentito, soprattutto se consideriamo i dati generali del mercato del lavoro. È vero che nel nostro paese si è ormai registrato un record delle donne occupate, tuttavia restiamo – per quanto riguada questa speciale classifica – nelle ultime posizioni in Europa. Un recente rapporto dell’Istat metteva in luce come il divario di genere, a sfavore delle donne, diminuisce al crescere del livello d’istruzione: nel 2016 le differenze dell’indicatore passano da circa 25 punti per chi ha al massimo la licenza media, a poco più di 18 punti tra i diplomati e fino a 10 punti per i laureati. La differenza comunque c’è, e si vede. Ovviamente, dicevamo, non è un problema che riguarda in esclusiva l’Italia, ma i diversi andamenti – che variano cioè da paese a paese – molto dipendono dalle dinamiche del mercato del lavoro di riferimento. Dal 1993 ad oggi uno degli aspetti più evidenti è proprio la diminuzione del divario di genere nel tasso di occupazione. Ma se nella maggior parte dei casi ciò è dovuto alla crescita dei tassi di occupazione per le donne (come in Spagna e nei Paesi Bassi), in altri il minore divario si colloca in un territorio negativo poiché dovuto a tassi di occupazione più bassi per gli uomini (sono i casi di Grecia e Cipro). In altri paesi ancora la medesima evoluzione dei tassi di occupazione per gli uomini e per le donne ha mantenuto di fatto stabile il divario di genere. Resta poi un fatto: i tassi di occupazione sono più bassi tra le donne che tra gli uomini in quasi tutti i paesi europei, con due eccezioni fa notare l’Eurostat: in Lettonia e in Lituania nel 2010, in seguito a un forte calo dei tassi tra gli uomini e a un calo molto più modesto tra le donne.

Che la condizione occupazionale delle donne, nonostante i miglioramenti degli ultimi anni, sia delle più ottimali in Italia può essere dimostrato dagli ultimi dati Istat ed Eurostat. Se il tasso di occupazione 15-64 anni si attesta per la componente maschile al 67,2% nel mese di dicembre 2017, per la componente femminile si ferma 49%. Nello stesso periodo di osservazione il tasso di disoccupazione femminile è all’11,8%, il più alto dopo Spagna e Grecia sebbene in questi due paesi le percentuali siano decisamente più alte (rispettivamente 18,2% e 25,4% a ottobre 2017). Su livelli analoghi a quelli dell’Italia Cipro (11,3%) e Croazia (11,1%).

 

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