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Verso le elezioni. La “flat tax”: perché sì

In vista delle elezioni del 4 marzo, T-Mag ospita i contributi di esperti ed economisti sul tema della "flat tax", uno dei principali punti programmatici della coalizione di centrodestra. Per il "sì", che trovate in questa pagina, interviene Emanuele Canegrati. Per il "no" (link in basso) Fulvio Fammoni
di Emanuele Canegrati*

Gli ultimi governi di centrosinistra sono riusciti a raggiungere l’incredibile risultato di creare, grazie alle loro leggi, il terzo peggior sistema fiscale del mondo. Secondo l’indagine Financial Complexity 2017, infatti, soltanto Brasile e Turchia battono il nostro paese per inefficienza del fisco. Un’inefficienza che costa ai contribuenti la cifra monstre di 60,4 miliardi di euro, quasi la metà dell’intero gettito IRPEF. Questo risultato, indegno di un paese sviluppato, è figlio della cultura comunista che, con la sua visione costruttivista e progressivista delle tasse ha creato un mostro fiscale ormai non più gestibile nemmeno dai suoi stessi creatori. Quello che avrebbe dovuto essere, secondo le intenzioni degli ultimi governi, un fisco semplice, poco costoso, efficiente ed equo ha finito per essere l’esatto contrario. Gli esponenti di questa scuola sono noti per la loro passione nel creare incomprensibili formule contabili, create con l’obiettivo di rendere il più possibile progressiva la tassazione, nel tentativo di raggiungere quella “equità sociale” da sempre sostenuta dalla sinistra. Obiettivo, anche questo, miseramente fallito, se si considera che l’indice di Gini, che misura la disuguaglianza dei redditi, italiano è tra i più elevati al mondo.

L’unica via d’uscita per riportare il fisco italiano sulla strada della sostenibilità è la flat tax. Un sistema con aliquota unica al 23% e una soglia di esenzione di 12mila euro, per garantire la progressività del sistema. Un sistema semplice, che abbatterebbe immediatamente gran parte dei costi di compliance di cui si scriveva, che verrebbero così immessi virtuosamente nel circuito economico. Un sistema efficace, perché non punisce chi lavora come fa l’attuale sistema, che con l’eccessiva progressività scoraggia la produttività e l’offerta di lavoro. Un sistema efficace anche per i conti pubblici, grazie all’aumento di gettito che si verrebbe a creare grazie all’incentivo a lavorare di più e ad evadere meno. Un sistema più equo, dove l’equità non è raggiunta tramite le tasse, ma tramite i programmi di spesa pubblica mirati ad aiutare i soggetti più deboli. Grazie al maggior gettito generato dalla maggior efficienza del sistema è possibile avere più risorse per i poveri. L’obiettivo della flat tax è quello di creare una torta di dimensioni elevate; spetterà poi al governo, tramite la spesa pubblica, suddividere le fette in maniera equa. Per quanto riguarda le coperture, sappiamo bene che le risorse per coprire i circa 40 miliardi di mancato gettito (iniziale) si possono tranquillamente trovare negli sprechi che si annidano negli oltre 800 miliardi di spesa pubblica. Carlo Cottarelli ha fatto la lista dei capitoli aggredibili. Per non parlare dei miliardi ottenibili grazie a un serio piano di privatizzazioni e dismissioni del patrimonio pubblico. O dallo sfoltimento dei quasi 200 miliardi di tax expebdirures presenti nel bilancio, molte delle quali si possono facilmente tagliare.

* Economista, membro della Liechtenstein Academy Foundation, in precedenza consulente economico per il Senato e Camera dei Deputati. Collabora come docente nei master di diritto tributario della LUISS e Università La Sapienza ed ha scritto nel 2011 il libro “Una flat tax per l’Italia” con la Fondazione Magna Carta e il gruppo PDL Senato.

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