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Non solo dazi. Quali rischi per il commercio internazionale?

La decisione, nell'aria, di Trump di introdurli all'importazione del 25% sull'acciaio e del 10% sull'alluminio impensierisce l'Europa e la Cina. Ma non è l'unico motivo di preoccupazione...
di Redazione

«Guerra commerciale», «l’Ue reagirà fermamente e proporzionalmente per difendere i suoi interessi»: sono solo alcune delle reazioni (la seconda, nello specifico, fa riferimento alla posizione espressa dal presidente della Commisione europea, Jean-Claude Juncker) alla decisione di Donald Trump di introdurre dazi all’importazione del 25% sull’acciaio e del 10% sull’alluminio. L’annuncio era nell’aria, il pensiero al riguardo dell’inquilino della Casa Bianca noto da tempo. «Quando un Paese (Usa) sta perdendo molti miliardi di dollari nel commercio con virtualmente ogni Paese con cui fa affari, le guerre commerciali sono buone e facili da vincere», ha scritto su Twitter il presidente statunitense.

La decisione ha lasciato subito i suoi strascichi. Borse europee in calo, timori diffusi, settori che potrebbero subire contraccolpi più di altri (in Italia si parla soprattutto di quello dell’auto). Da Pechino – gli squilibri della bilancia commerciale con la Cina sono sempre stati al centro dell’attenzione di Trump – sottolineano «grave preoccupazione» sulla politica commerciale degli Stati Uniti. Tuttavia le preoccupazioni cinesi potrebbero presto attenuarsi, anche in considerazione di un rapporto dello scorso anno sulle relazioni commerciali Cina-Usa, pubblicato dal ministero del Commercio, secondo cui il valore complessivo delle esportazioni di acciaio negli Stati Uniti è calato del 40,1%, con una quota di mercato statunitense molto ridotta. Insomma, l’impatto potrebbe essere meno grave di quanto oggi sia lecito pensare. I timori di Pechino, semmai, sono legati alla possibilità che qualcun altro possa seguire l’esempio americano, in questo caso con effetti assai più critici sul commercio internazionale.

L’attuale fase, caratterizzata da una crescente tendenza al protezionismo, non deve però indurre a considerazioni superficiali. Non è con Trump che tutto sta avendo inizio. Nella Mappa dei Rischi 2017 del Sace si osservava come il 2016 sia stato l’anno in cui si è registrato «un picco nelle misure protezionistiche adottate da diversi Paesi nel mondo: dallo scoppio della crisi finanziaria globale le barriere elevate sono salite a oltre 3.500; quasi un quarto di queste impongono l’obbligo di avere almeno una certa percentuale di un prodotto o servizio realizzato nel paese, soprattutto per prodotti elettronici e veicoli. Si tratta di misure scelte in particolare dai paesi del G20, a partire dagli Stati Uniti (terzo mercato di destinazione dell’export italiano) che hanno introdotto una misura protezionistica ogni quattro giorni». Inoltre, si notava, «i dieci settori più colpiti dal protezionismo rappresentano quasi il 41% del commercio mondiale, che ha subito inevitabilmente una contrazione: dal 2008 al 2016 è cresciuto a un tasso medio annuo del 2,9%, ben inferiore al 7,3% messo a segno nel periodo precedente (2000-2007)».

E i rischi per il 2018? Nell’ultima edizione della Mappa elaborata dal Sace, ne vengono indicati alcuni, «latenti», quali la ripresa dei prezzi delle commodity «che ha un impatto sui conti pubblici dei paesi che esportano materie prime. La Mappa dei Rischi 2018 mostra un’attenuazione del profilo di rischio di diversi emergenti fortemente dipendenti dalle commodity (Arabia Saudita, Russia, Brasile, Argentina), con alcune eccezioni (Mongolia, Venezuela, Libia)». Oppure i rischi politici, che «si vedono meno ma fanno male». In particolare, scrive il Sace, «il rischio di instabilità e violenza politica è l’unica fattispecie di rischio che, in media, nel 2017 ha registrato un peggioramento a livello globale. Si nota un incremento di tale tipologia di rischio in Paesi considerati “insospettabili”, che registrano crescenti episodi di violenza politica ma che storicamente non sono considerati come aree a elevato rischio. Alcuni esempi: Filippine, India, alcuni Paesi “Stan” (quelli dell’Asia centrale, ndr) e dei Balcani».

 

1 Commento per “Non solo dazi. Quali rischi per il commercio internazionale?”

  1. […] Come annunciato la scorsa settimana diventano “ufficiali” i dazi che l’amministrazione Trump farà applicare sulle importazioni di acciaio (al 25%) e alluminio (10%). Trump ha comunicato, tuttavia, che alcuni paesi godranno di una certa flessibilità. In particolare una deroga è prevista per Messico e Canada, i partner nordamericani con cui gli Stati Uniti stanno rinegoziando il Nafta. Possibili intese non sono da escludere, già nell’immediato futuro, con altri partner commerciali e paesi alleati. Il decreto, firmato giovedì 8 marzo, entrerà in vigore nell’arco di 15 giorni. […]

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