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Gli obiettivi della Cina di Xi Jinping

Pechino ne ha annunciati diversi che intende centrare, pur esprimendo qualche timore sul protezionismo crescente e i rischi geopolitici
di Mirko Spadoni

Appuntamenti importanti, in Cina. A Pechino, si sono riuniti sia l’Assemblea nazionale del popolo cinese, il parlamento cinese che si riunisce una volta l’anno a marzo, che il suo organo consultivo, la Conferenza consultiva politica del popolo cinese. I due rami del parlamento lavoreranno per una decina di giorni, durante i quali verranno resi noti i nomi dei nuovi ministri del Consiglio di Stato, il governo cinese, assieme ai nomi dei presidenti di Ccppc e Anp. L’Assemblea nazionale del popolo cinese è anche l’occasione per scoprire quali sono gli obiettivi (economici e non) della Cina.

A causa dei suoi scarsi poteri – i membri possono solo approvare le decisioni già prese dal Partito comunista cinese –, quest’anno il parlamento si limiterà a completare il ricambio della classe dirigente, iniziato con il diciannovesimo congresso del partito lo scorso ottobre, e a ratificare le modifiche alla Costituzione proposte dal Comitato centrale, l’organo direttivo di circa 400 membri, alla fine di febbraio.

L’11 marzo, l’Assemblea Nazionale del Popolo cinese dovrà dare il via libera alla modifica costituzionale più importante: l’eliminazione del vincolo del doppio mandato per il presidente e per il vice presidente cinese, introdotto nel 1982. Non sono previste sorprese. Una volta approvato l’emendamento, l’attuale presidente della Repubblica popolare cinese, Xi Jinping, rimarrà in carica a tempo indeterminato, anche dopo quella che doveva essere la scadenza naturale del suo mandato iniziato il 14 marzo 2012, ovvero nel 2022.

In realtà, Xi è già l’uomo più potente della Cina: possiede tutte e tre le cariche più importanti del Paese – l’elenco comprende: presidente della Repubblica popolare, segretario del Partito comunista e presidente della commissione militare centrale – al pari dei suoi ultimi due predecessori, Jiang Zemin e Hu Jintao. A differenza loro, però, Xi è anche hexin lingdao – tradotto dal cinese: nucleo della leadership – e la sua teoria, “il pensiero di Xi Jinping sul socialismo con caratteristiche cinesi in una nuova era”, a ottobre è stata inserita nella costituzione del Pcc e si appresta ad entrare anche in quella dello Stato.

Durante l’Assemblea Nazionale del Popolo cinese, Pechino rivela i suoi target economici. Il premier cinese, Li Keqiang, li ha elencati uno ad uno. Eccone alcuni. Nel 2018 il Prodotto interno lordo dovrebbe crescere del 6,5% circa, mentre l’inflazione dovrebbe essere contenuta al 3%.

Capitolo conti pubblici: Pechino ha dichiarato che intende abbassare il deficit fiscale per il 2018 al 2,6% del PIL, a 375 miliardi di dollari circa, contro il 3% previsto lo scorso anno. Nonostante i tagli della spesa pubblica, che non dovrebbe riguardare comunque quella militare – sono stati annunciati investimenti per 175 miliardi di dollari, +8,1% su base annua –, il governo cinese ha promesso una riduzione delle tasse per imprese e cittadini di circa 126 miliardi di dollari.

Il premier cinese ha ribadito che la Cina intende continuare a ridurre la sovrapproduzione di acciaio e di carbone, promettendo un maggiore impegno per migliorare la qualità della crescita economica e contribuire alla lotta contro il surriscaldamento globale.

Pechino non ha nascosto i suoi timori. Li Keqiang ha sottolineato alcuni rischi, che preoccupano il governo cinese, tra cui il protezionismo commerciale, “in crescita”, e i rischi geopolitici – con il dossier nordcoreano, in primis – che “sono in ascesa”.

Un avvertimento, infine. La Cina ha chiesto “la risoluzione delle dispute commerciali attraverso discussioni tra pari, si oppone al protezionismo commerciale e salvaguarderà con risolutezza i suoi diritti legittimi”, ha ammonito il premier, riferendosi, implicitamente, agli ultimi annunci dell’amministrazione statunitense. Nei giorni scorsi, infatti, il presidente americano Donald Trump ha dichiarato che intende imporre dei dazi sulle importazioni di acciaio e alluminio, rispettivamente del 25% e del 10%. Una promessa slittata alla prossima settimana, salvo eventuali ripensamenti.

 

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