Giovani poveri? Il futuro incerto dei Millennials
Millennials, lavoro povero e pensioni: già il titolo del focus condotto da Censis-Confcooperative non prevede un futuro sereno per i giovani che vivono una situazione peggiore di quella dei loro coetanei di una generazione passata e che vivranno una condizione peggiore dei loro genitori oggi. Prima di tutto a caratterizzare la situazione attuale è il lavoro e non solo la mancanza di esso, infatti anche quando il lavoro c’è, come potrebbe far pensare l’aumento del tasso di occupazione registrato dai dati Istat, riguarda contratti a tempo determinato e, specialmente per i giovani, si distingue per bassa intensità e bassa qualità. Questo riguarda i 171.000 giovani sottoccupati, i 656.000 con contratto part-time involontario e i 415.000 impegnati in attività non qualificate. Tutte forme di lavoro spesso sottopagate che compromettono le aspettative future dei giovani lavoratori, sia sotto il profilo di crescita professionale che di reddito, nonché di valorizzazione personale.
La ricerca del Censis individua quindi 5,7 milioni di giovani che entro il 2050 potrebbero diventare futuri poveri ed in cui confluiscono tre milioni di Neet e 2,7 milioni di working poor, lavoratori intrappolati nei cosiddetti “lavori gabbia”, non qualificanti da cui è difficile uscire. Il quadro però non è drammatico solo per queste categorie, infatti la ricerca sottolinea un problema attuale ma destinato ad acutizzarsi, ovvero la pensione: seppure un giovane avesse trovato un impiego “sicuro” come dipendente, dopo 38 anni di contribuzione percepirebbe una pensione intorno al 69,7% del suo ultimo stipendio, quasi il 15% in meno rispetto ad un dipendente che a parità di condizioni sia arrivato alla pensione nel 2010, il quale percepisce l’84,3% della sua retribuzione. Le cause sono state individuate dalla ricerca nella simultanea combinazione tra il tardivo ingresso nel mondo del lavoro, la discontinuità contributiva e la debole dinamica retributiva. Fattori ancora senza rimedio che, come ricorda la ricerca, «proietta uno scenario preoccupante sul futuro previdenziale e la tenuta sociale del Paese» e rischiano di inghiottire un’intera generazione e, in una dinamica a catena, le prossime, come confermato anche dai dati dell’indagine della Banca d’Italia secondo cui è aumentata la quota di residenti a rischio povertà soprattutto tra i nuclei con capofamiglia giovani.