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Perché i distretti industriali hanno risposto meglio alla crisi economica

Anzi, se vogliamo dirla con le parole di Intesa SanPaolo sono proprio i distretti “i protagonisti della ripresa in corso”
di Matteo Buttaroni

È stato duro il colpo che la crisi economica ha sferrato al tessuto imprenditoriale italiano, con difficoltà che ancora oggi si fanno sentire in numerosi settori. Eppure in alcuni casi, come quello dei distretti industriali, sembra che le cose siano andate meglio rispetto alle aree non distrettuali. Questo perché le imprese inglobate nei distretti godono di numerosi vantaggi rispetto a quelle realtà dove le aziende non sono collegate territorialmente tra loro.

È proprio questo il punto di forza principale delle aree distrettuali: la vicinanza geografica. Stando all’interno di un territorio limitato – che può coinvolgere un’intera regione o un comune (come ad esempio l’occhialeria di Belluno) – le imprese tendono a muoversi in sinergia e sono portate ad accrescere la propria competitività, sia nel caso i cui i motivi sono dettati da fattori concorrenziali sia che si tratti di aziende legate l’una all’altra. Proprio per questo le aziende che risiedono in aree di questo tipo sono quelle più avanzate dal punto di vista innovativo e quelle più portate all’apertura verso i mercati esteri. Senza contare che, offrendo maggiori opportunità di lavoro alla popolazione residente, fanno sì che le persone non siano costrette ad emigrare verso le grandi città per trovare un’occupazione, contribuendo positivamente sia alla crescita economica che al benessere sociale del territorio in cui operano. Non è quindi certo una casualità se gran parte dei distretti industriali siano localizzati nelle aree più economicamente avanzate del Paese, come il Nord d’Italia.

ALCUNI NUMERI
L’ultimo Rapporto annuale sull’economia e finanza dei distretti industriali di Intesa SanPaolo (giunto alla decima edizione) conferma come siano proprio i distretti “i protagonisti della ripresa in corso”. Tra il 2008 ed il 2017 la crescita del fatturato nei distretti è stata mediamente del 13% contro il +8,7% registrato nelle aree non distrettuali. Altra conferma arriva dal fatto che, mentre nelle imprese non localizzate i margini unitari sono, in media, ancora inferiori ai livelli pre-crisi, nei distretti si sono attestati ormai a livelli superiori a quelli di dieci anni fa.

In Italia, si legge nell’analisi, «sono molte le aree di eccellenza distrettuale. Ordinando i distretti industriali oggetto dell’analisi per performance di crescita e reddituale, è possibile ricavare una classifica dei venti distretti migliori. Tutte le macro-aree italiane sono presenti. Prevalgono i distretti del Nord-Est (10) e del Nord-Ovest (5). Il Centro e il Mezzogiorno sono presenti rispettivamente con due e tre distretti. Tutte le principali filiere produttive sono rappresentate, anche se emerge una prevalenza dei distretti dell’agro-alimentare (6) e della metalmeccanica (7). Ai primi tre posti di questa classifica, e tra loro molto vicini, ci sono l’Occhialeria di Belluno, la Gomma del Sebino bergamasco e il Prosecco di Conegliano-Valdobbiadene».

Solo nel biennio 2016-2017 il fatturato delle imprese distrettuali ha toccato un nuovo record, crescendo di ben 4,6 punti percentuali e nel biennio 2018-2019 potrebbero registrare un’ulteriore accelerazione, mettendo a segno un +5,8% cumulato, trainato soprattutto dai mercati esteri. Incoraggianti le stime per la filiera metalmeccanica, per la quale un contributo positivo arriverà dagli investimenti in macchinari, supportati a loro volta dalle misure introdotte con il Piano Industria 4.0.

 

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