«Segnali di rallentamento» per l’economia italiana, ecco perché
Non c’è un collegamento diretto, ma di certo lo stallo politico nel lungo periodo non aiuta. E se il rallentamento interessa l’Europa nel complesso – come peraltro temuto dalla Bce –, l’Italia sembra risentirne più di altri. Insomma, l’ultima nota mensile dell’Istat desta qualche preoccupazione legata all’andamento della nostra economia. «L’indicatore anticipatore si mantiene su livelli elevati anche se si confermano i segnali di decelerazione delineando uno scenario di minore intensità della crescita», afferma l’Istat.
Quali elementi fanno determinano il rallentamento? Siega l’Istat: «Ad aprile la fiducia di imprese e famiglie è caratterizzata da una generale tendenza al peggioramento. Il clima di fiducia dei consumatori è lievemente diminuito mantenendosi sui livelli comunque elevati. L’indice composito del clima di fiducia delle imprese ha evidenziato un peggioramento influenzato dai giudizi negativi delle imprese del commercio mentre quelle delle costruzioni sono le uniche a fornire un quadro positivo. Nel settore manifatturiero il peggioramento della fiducia è attribuibile quasi interamente alla componente degli ordini. A conferma del parziale rallentamento della produzione, nel primo trimestre il grado di utilizzo degli impianti ha segnato un lieve arretramento».
Il quadro europeo, dicevamo, non aiuta. «L’economia dell’area euro – scrive ancora l’Istat nella nota – decelera. Nel primo trimestre la stima preliminare ha registrato una crescita del Pil inferiore a quella del trimestre precedente (rispettivamente +0,4% e +0,7%)» e a marzo il tasso di disoccupazione è rimasto stabile all’8,5%. «Gli indicatori anticipatori e coincidenti del ciclo economico mostrano segnali eterogenei. Nel mese di aprile – prosegue la nota – l’Economic Sentiment Indicator (ESI) è rimasto invariato. Tra le imprese migliora il clima di fiducia nell’industria e nei servizi finanziari; anche la fiducia dei consumatori mostra segnali positivi sostenuta dalle prospettive sull’occupazione, in parte compensate dal peggioramento dei giudizi sulla situazione futura. Nel mese di aprile l’indicatore anticipatore euro-Coin ha evidenziato un ulteriore segnale di rallentamento, influenzato dal peggioramento dell’attività manifatturiera e della fiducia delle imprese. Il livello dell’indicatore rimane comunque vicino ai massimi degli ultimi mesi». La situazione sta spingendo la Banca centrale europea a non accelerare troppo sull’interruzione del quantitative easing, che dovrebbe proseguire con l’acquisto di titoli al ritmo mensile di 30 miliardi di euro fino a fine settembre e anche oltre, se necessario, finché non osserverà un aggiustamento durevole dell’evoluzione dei prezzi coerente con il proprio obiettivo di inflazione (cioè su valori prossimi al 2%). «La politica monetaria della Bce – scrive non a caso l’Istat – continua a sostenere la ripresa, lasciando invariati i tassi di riferimento e proseguendo l’azione di acquisto di titoli di stato».