Never tee Stop, nuova frontiera della moda e dello smart working | T-Mag | il magazine di Tecnè

Never tee Stop, nuova frontiera della moda e dello smart working

Un social network - o meglio: un Social Fashion Lab - che permette agli utenti di creare capi di abbigliamento o intere collezioni. Lo racconta a T-Mag il suo fondatore, Juriy Villanova
di Fabio Germani

Non chiamatelo social network, sarebbe riduttivo. Never tee Stop è piuttosto un Social Fashion Lab, una piattaforma interattiva dedicata al mondo della moda, dove designer, stylist, fotografi, influencer e altre figure professionali possono mettersi in contatto, condividere e creare progetti o collezioni. Alla piattaforma – che già può vantare il coinvolgimento di numerose accademie sparse per l’intero territorio nazionale – si accede gratuitamente e una volta dentro è possibile interagire con gli altri utenti e dare consistenza alle proprie idee, partecipare alle call e promuovere le capsule collection. L’obiettivo è fornire agli iscritti gli strumenti per lavorare a distanza, in quella che potremmo definire un’innovativa forma di smart working. Juriy Villanova, ventisettenne nato e cresciuto nell’agro pontino, fondatore della piattaforma, considera quest’ultimo aspetto il valore aggiunto di Never tee Stop. Villanova ha potuto contare sull’esperienza maturata in un’azienda serigrafica, che poi lo ha aiutato nel lancio del suo progetto. «Sono sempre stato affascinato dal mondo della grafica, è il mio lavoro. Inoltre un mio grande hobby è la fotografia, specialmente quella legata al settore della moda», racconta il giovane startupper a T-Mag. «Lavorando in un’azienda serigrafica ho cominciato a capire il processo di personalizzazione di capi. Quello della serigrafia è un ambiente molto giovane e tanti ragazzi, provenienti dalle accademie, entravano in azienda per creare i propri brand di t-shirt o di costumi. È a quel punto che mi sono accorto della necessità di definire un percorso talvolta complesso, che può andare dall’anticipo dei soldi per avviare una piccola produzione alla sponsorizzazione del capo, la messa in vendita e soprattutto la distribuzione, progetti che iniziavano e finivano nel giro di una sola stagione. Siccome i casi di successo erano davvero pochi – ricorda Villanova –, mi sono messo a ragionare se fosse un problema solo locale o più ampio. Di qui l’idea di collegare tutte le fasi produttive in un’unica piattaforma». Così è nata Never tee Stop, un’azienda che non ha particolari pretese se non quella di proporre ai creativi un approccio diverso, un nuovo placement nel mondo del lavoro in quello che è un ambito estremamente competitivo e spesso di difficile accesso, nonostante gli anni di studio e le competenze accumulate.

Smart working, interazione e scambio di idee tra persone che parlano la stessa lingua. E ancora: il superamento dei più classici siti di e-commerce o marketplace. Tutto questo dà quasi l’idea di essere un incubatore di impresa, seppure viruale. Quali sono, dunque, i vantaggi per i creativi che decidono di realizzare i loro prodotti tramite Never tee Stop?
Noi puntiamo sull’individuo, sull’utente stesso. È nostra prerogativa dare risalto alla persona, al fashion designer, stylist, fotografo, o influencer, allo scopo di creare una community di addetti ai lavori. Non miriamo necessariamente ad un progetto che sia di lungo termine, ma soprattutto cerchiamo di agevolare gli utenti nella realizzazione delle caspsule collection, quindi di metterli nella migliore condizione lavorativa per la creazione di un progetto in un dato momento. Never tee Stop, di suo, non sarà mai un brand, è una piattaforma che interagisce con gli utenti – come è nel caso del magazine integrato (NtS MAGazine, ndr) – per cercare di avvicinarli al mondo del lavoro, in forma di smart working.

Rispetto alle capsule collection e ai prodotti venduti, quali sono i margini di guadagno per la piattaforma?
Sviluppiamo contratti di prevendita con tutte le varie figure professionali che prevedono percentuali del 15-20%, in linea con i grandi brand che stanno adottando il modello delle capsule collection. Noi cerchiamo di studiare le diverse situazioni prima del lancio, lo scopo è formare utenti consapevoli e autonomi, così da poter realizzare prodotti ad hoc secondo il target, il prezzo e tutte le variabili che possono entrare in gioco.

Facciamo un passo indietro. Interessante il modello dello smart working che in Never tee Stop viene applicato in modo innovativo.
A mio avviso lo smart working rappresenta un enorme valore aggiunto per il mondo del lavoro in generale. Dal punto di vista di Never tee Stop significa offrire all’utente o al collaboratore diverse possibilità di interfacciarsi con un’azienda nel momento stesso in cui entra nella piattaforma. Un valore, appunto, che dà libertà di espressione da un punto di vista creativo. L’idea è mettere gli utenti a proprio agio e non inquadrarli, nella maniera più assoluta, nelle canoniche otto ore lavorative, magari con l’esigenza di avere un ufficio. Sicuramente è una modalità lavorativa che si addice al settore e che spero sia utile soprattutto in questa prima fase del progetto.

Esistono competitor di Never tee Stop?
Competitor veri e propri non direi, esistono piattaforme più smart in cui gli utenti possono proporre una grafica e altri possono acquistare una maglietta o una felpa con quella grafica. Ma se andiamo in uno qualsiasi di questi store, troveremo una vetrina con 8.000-9.000 grafiche. Questo vuol dire che l’utente che ha creato una grafica si troverà in competizione con tanti altri come lui ed è difficile guadagnare su una tale mole di lavoro. Il nostro store prevede invece 60-80 capi diversi ogni 60 giorni: per ogni capsule collection è come se entrassimo in un negozio fisico.

In cosa il progetto andrà rafforzato?
Obiettivo a breve termine è avvicinare l’esperienza dello smart working in modo fisico. Sembra un controsenso, è vero, però creare piccoli hub nelle città italiane, dove un ragazzo può entrare in azienda e avvicinarsi al lavoro, può migliorare il rapporto digitale-materiale. Ritengo che questo modello possa funzionare perché si ha la possibilità di provare a introdurre nuove tecniche di produzione a costo zero. Il giovane creativo può così muovere i primi passi, davvero, in questo settore e sviluppare una propria identità. Dietro un prodotto c’è il suo creatore ed è importante saperlo individuare.

Il mondo del lavoro sta cambiando, ormai si parla sempre più frequentemente di automazione dei processi produttivi. Con Industria 4.0, ad esempio, si sta tentando di promuovere, tra le altre cose, un più proficuo dialogo tra università e imprese. In definitiva il percorso di Never tee Stop non sembra tanto diverso. Come hanno accolto il progetto le accademie di moda?
Potrà suonare quasi paradossale, ma non ho mai voluto cavalcare un certo tipo di retorica, di solito negativa. La mia volontà era quella di destrutturare delle regole che esistono e che sono dure a morire. Ho cercato di rendere tutto questo un valore aggiunto, promuovendo un placement innovativo. Ci affianchiamo alla preparazione accademica per coinvolgere le persone che vogliono mettere in pratica tutto ciò per cui hanno studiato. Ad oggi posso dire che le accademie hanno risposto positivamente, copriamo l’80% del territorio nazionale e vogliamo ampliare la nostra rete.

Reazioni da parte degli studenti, o comunque dei creativi in erba?
Abbiamo riscontrato molto entusiasmo attorno al progetto, anche se non sempre è facile far capire ai ragazzi che esiste una realtà nuova, perché non si tratta di un’azienda che sta assumendo, ma che vuole dare delle opportunità. A volte non credono all’importanza che avranno nei loro stessi progetti, a partire ad esempio dalle etichette con il nome di chi ha contribuito alla realizzazione di quel capo o prodotto. E non ci credono a causa di alcune prassi consolidate, la grande industria della moda – che è tre le prime al mondo – tende a “coprire” i nomi dei creativi perché in questo senso deve rispettare determinate esigenze. Mettere in primo piano il nome, la faccia, la storia dell’utente viene percepito come un sogno quasi irrealizzabile, soprattutto se si è alle prime armi. Ma è questo che noi vogliamo realizzare e adesso, nel periodo estivo, concluderemo i workshop mentre a settembre partiremo con le call con i ragazzi che abbiamo incontrato e che hanno voluto partecipare al progetto.

GALASSIA LAVORO

@fabiogermani

 

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