Lavoro: le difficoltà degli indipendenti
Non è un segreto: in Italia, il periodo di recessione ha colpito in maniera più grave la componente indipendente dell’occupazione, acuendo una tendenza alla riduzione già presente prima dell’affacciarsi della crisi (tra il secondo trimestre 1998 e il secondo 2008 gli indipendenti erano diminuiti dello 0,6% a fronte di un incremento del 15,6% dei dipendenti). Il calo degli indipendenti ha caratterizzato anche il periodo più recente, quando l’occupazione dipendente ha mostrato decisi segnali di ripresa. Nel 2017, ci informava l’Istat pochi giorni fa, i lavoratori indipendenti sono stimati in 5 milioni 363 mila, il 23,2% degli occupati, incidenza molto più elevata rispetto alla media Ue (15,7%). Tra loro il 68,1% è un lavoratore autonomo senza dipendenti (3 milioni 652 mila). Tra il secondo trimestre 2008 e il secondo trimestre 2017 gli indipendenti si sono ridotti del 10,7% (-642 mila occupati), i dipendenti di contro sono aumentati del 2,7%.
Il lavoro indipendente presenta profili professionali e livelli di autonomia molto differenti, si osserva nell’ultimo report dell’Istat dedicato alla componente indipendente dell’occupazione. Si possono distinguere tre grandi raggruppamenti: autonomi con dipendenti, cioè datori di lavoro (1 milione 401 mila), autonomi “puri” senza dipendenti (3 milioni 314 mila) e lavoratori parzialmente autonomi (338 mila). I datori di lavoro (1 milione 401 mila, il 27,7% del totale) rappresentano una parte importante del nostro sistema produttivo, caratterizzato, rispetto alle altre grandi economie europee, da un rilevante peso della micro e piccola impresa. Negli ultimi dieci anni questo segmento ha registrato una flessione di 232 mila unità (-14,2%), spiegata quasi interamente dai lavoratori in proprio con dipendenti. Tra gli autonomi “puri” senza dipendenti (3 milioni 314 mila, pari al 65,6% del totale) il segmento maggioritario è rappresentato dai lavoratori in proprio (2 milioni 102 mila), seguito dai liberi professionisti (1 milione 88 mila).
Autonomi puri e datori di lavoro presentano concentrazioni maggiori nei settori agricolo e industriale, in particolare in quello delle costruzioni. Nei comparti dei servizi i datori di lavoro e autonomi puri si concentrano soprattutto nel commercio, mentre tra i parzialmente autonomi si riscontrano addensamenti maggiori nei comparti dei servizi alle famiglie e alle persone, sanità e assistenza sociale, istruzione e pubblica amministrazione, trasporti e magazzinaggio.
I lavoratori parzialmente autonomi sono 338 mila (il 9,3% degli autonomi senza dipendenti) e comprendono quanti, generalmente in condizione di mono-committenza, presentano alcuni vincoli di subordinazione tra cui un orario di lavoro stabilito principalmente dal cliente o committente, il dover lavorare presso il cliente, l’impossibilità di assumere dipendenti, il mancato possesso degli strumenti del lavoro o l’essere divenuti indipendenti a seguito di una richiesta di un precedente datore di lavoro.
La scelta di lavorare come autonomi scaturisce più spesso dal presentarsi di un’opportunità (motivo segnalato dal 38,7% degli indipendenti) o dalla prosecuzione dell’attività di famiglia (24%). Per i parzialmente autonomi le ragioni indicate sono differenti: il 29,2% ha scelto di essere un indipendente perché non ha trovato un lavoro da dipendente e l’8,9% è diventato indipendente in seguito alla richiesta del datore di lavoro/committente. Quasi otto indipendenti su dieci possono influenzare sia i contenuti che l’ordine con cui svolgerei compiti (il 35,8% tra i dipendenti). Tra i parzialmente autonomi questo livello di autonomia riguarda il 40,7%. Il 51,1% degli indipendenti si ritiene molto soddisfatto del proprio lavoro (tra i dipendenti il 53,6%). Gli aspetti di cui gli indipendenti sono più soddisfatti rispetto ai dipendenti sono l’interesse per il tipo di lavoro e, soltanto tra i datori di lavoro, la soddisfazione per il giro di affari. Il 78,9% dei datori di lavoro e il 69,5% degli autonomi puri non cambierebbe status mentre un lavoratore parzialmente autonomo su due vorrebbe diventare un dipendente. Di contro appena il 10,7% dei dipendenti vorrebbe diventare un indipendente.
(fonte: Istat)