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Brexit: Westminster boccia il piano May. E adesso?

Per il governo britannico una sconfitta schiacciante, la più ampia dal 1924. Quali scenari, mozione di sfiducia contro Theresa May a parte?
di Redazione

L’accordo sulla Brexit raggiunto nelle scorse settimane dal governo di Londra e Bruxelles è stato ieri, martedì 15 gennaio 2019, bocciato dal Parlamento britannico, come era nelle previsioni, con 432 voti contrari e solo 202 favorevoli. Tale discrepanza è stata resa possibile dalla presenza di oppositori, anche tra le file dei conservatori, al piano di Theresa May. Si è trattata della sconfitta più ampia subita da un governo britannico dal 1924.

Quali scenari adesso? Intanto, già oggi, si voterà una mozione di sfiducia nei confronti della premier May, promossa dai laburisti. Difficilmente passerà, quindi è presumibile che sarà ancora lei a guidare la transazione verso la Brexit. Ma un “piano b”, ammesso che esista, al momento non è chiaro.

Nei giorni scorsi May aveva fatto intendere che l’eventuale bocciatura delParlamento al piano concordato con l’UE non avrebbe prodotto in automatico le sue dimissioni (anche se nella giornata di ieri, a un certo punto, si erano rincorse diverse voci in questo senso, poi smentite). Ora avrà pochi giorni (tre) a disposizione per illustrare al Parlamento le prossime mosse. L’ipotesi di elezioni anticipate farebbe gola ai laburisti di Jeremy Corbyn, ma non sembra, dunque, una strada davvero praticabile (a meno che non passi in serata la mozione di sfiducia, ma salvo sorprese i conservatori voteranno compattamente a favore di May, in questo caso). Potrebbe allora essere esteso l’articolo 50 – che offre agli Stati membri la possibilità di ritirarsi dall’Unione, superati alcuni step nell’arco di due anni –, così da concedere qualche mese in più per un accordo che il Parlamento valuti successivamente in maniera positiva. Nell’eventualità si supererebbe la scadenza del 29 marzo per l’uscita dall’UE, con una proroga da tre a nove mesi. Sullo sfondo resta l’idea di un secondo referendum, ma tale circostanza sconfesserebbe per intero la “dottrina May”: la premier conservatrice si è sempre detta contraria all’idea – che però piace alla premier scozzese Nicola Sturgeon – di una nuova consultazione popolare.

Alla vigilia del voto di Westminster, erano arrivate le rassicurazioni di Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione europea, e Donald Tusk, presidente del Consiglio europeo, sul backstop per le frontiere irlandesi, che entrerà in vigore «solo se strettamente necessario».

 

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