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Lavoro: aumentano le trasformazioni a tempo indeterminato

È il principale effetto del decreto dignità. I dati dell’Osservatorio sul precariato dell’Inps

di Redazione

Nel 2018 le assunzioni da parte dei soli datori di lavoro privati, sono state 7.424.000, in aumento del 5,1% rispetto al 2017. L’Osservatorio sul precariato dell’Inps, stima inoltre in crescita i contratti a tempo indeterminato (+7,9%), i contratti a tempo determinato (+4,5%), i contratti di apprendistato (+12,1%), i contratti di lavoro stagionale (+6,4%) e i contratti di lavoro intermittente (+7,9%). Al contrario i contratti in somministrazione risultano pressoché stabili (+0,5%). Per le assunzioni in somministrazione e a tempo determinato la fase di crescita si è conclusa tra luglio e agosto 2018, variazione che potrebbe avere risentito del decreto dignità (provvedimento voluto dal ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio, volto a disincentivare il ricorso ai contratti a termine). Per i contratti a tempo determinato, spiega l’Osservatorio, si registra una dinamica negativa nell’ultimo bimestre; per i contratti di somministrazione il calo è netto e rilevante (attorno al 20%) a partire da agosto.

Dove il decreto dignità potrebbe avere agito in misura maggiore è nell’ambito delle trasformazioni da tempo determinato a tempo indeterminato: nel 2018 si registra, rispetto al 2017, un importante incremento, quasi il doppio (da 299.000 a 527.000: +228.000, +76,2%). Il trend di crescita, già elevato fin dai primi mesi dell’anno, evidenzia un’ulteriore accelerazione nell’ultimo bimestre con incrementi tendenziali superiori al 100%. Nel 2018 risultano in contrazione, invece, le conferme dei rapporti di apprendistato giunti alla conclusione del periodo formativo (-13,1%): tale flessione può essere ricondotta alla scadenza del triennio formativo degli apprendisti assunti nel 2015, anno in cui, a causa della possibilità di utilizzo dell’esonero triennale, le assunzioni con contratto di apprendistato si erano notevolmente ridimensionate.

Per quanto riguarda le cessazioni, invece, sono state 6.993.000 nel complesso, in aumento rispetto all’anno precedente (+6%): a crescere sono le cessazioni di tutte le tipologie di rapporti a termine, soprattutto i contratti intermittenti e in apprendistato, mentre sono diminuite quelle di rapporti a tempo indeterminato (-3,1%).

«Su base annua il saldo consente di misurare la variazione tendenziale delle posizioni di lavoro. Il saldo annualizzato (vale a dire la differenza tra assunzioni e cessazioni negli ultimi dodici mesi) a dicembre 2018 risulta positivo e pari a +431.000 di poco inferiore a quello del 2017 (+466.000)», rileva ancora l’Inps.

I saldi tendenziali per le diverse tipologie contrattuali attestano un andamento sempre positivo per i rapporti di lavoro a tempo indeterminato (+200.000, in accelerazione a fine anno), per l’apprendistato (+81.000: livello tendenziale stabile nell’ultimo trimestre) e anche per i contratti in somministrazione. «Positivi, ma in forte e progressiva diminuzione i saldi annualizzati dei rapporti di lavoro a tempo determinato; dello stesso segno ma con un’intensità meno pronunciata risultano i saldi tendenziali per il lavoro intermittente».

Secondo le ultime rilevazioni Istat disponibili, la lieve crescita degli occupati osservata a dicembre deriva dall’aumento dei dipendenti a termine (+1,5%, pari a +47 mila unità), che tornano a salire dopo due mesi di calo, e degli indipendenti (+0,2%, +11 mila) che crescono per il secondo mese consecutivo, risultano invece in calo i permanenti (-0,2%, -35 mila) dopo due mesi di crescita. Nei dodici mesi la crescita occupazionale si concentra ancora fortemente tra i lavoratori a termine (+8,9%, pari a +257 mila unità), in lieve aumento anche gli indipendenti (+0,6%, pari a +34mila), mentre calano i dipendenti permanenti (-0,6%, -88 mila).

Tuttavia sono dati di diversa origine, per questo non sempre paragonabili. Occupati e contratti non necessariamente equivalgono: quello sugli occupati è un dato di stock e si riferisce al valore ad una data di saldo, che a sua volta può tenere conto di diversi variabili (inattività o uscita dal mercato del lavoro). Quello dei contratti è invece un dato di flusso, quindi entrate e uscite (assunzioni e cessazioni) che avvengono in un arco temporale.

 

1 Commento per “Lavoro: aumentano le trasformazioni a tempo indeterminato”

  1. si ma i contratti a tempo indeterminato che sono di 5,49 centesimi di euro lordo ,ossia 5,00 euro netto che considerazione ha il ministro del lavoro ;si può chiamare occupato un monoreddito che non sarriva lontanamente con il part-time a mille euro mensili, senza nessuna crescita di livello ma addirittura perdendo ogni qualvolta diritti acquisiti dal precedente contratto di cui i sindacati assenti in uttto il territorio ,o meglio ancora i costruttori di tali contratti beffa anni di lavoro quotidiano presso enti publici esternalizzati da aziende coop ecc . grido alla vergogna di questo che ora si chiama servizi fiduciari di cu , ancora più beffa e povertà di cui i lavoratori, non possono denunciare per il rischio di perdere questa miserabile realtà

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