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Italia in recessione? «Prima parte del 2019 di stagnazione»

Sul fronte dei consumi Confcommercio osserva «qualche elemento di vivacità», nonostante l’andamento «complessivamente non favorevole»

di Redazione

Che i dati economici italiani non siano in questa particolare fase del tutto positivi, non è una novità. Tuttavia non è neppure il caso di lasciarsi andare ad un eccesso di pessimismo, o almeno così sembra suggerire l’ufficio studi di Confcommercio, che preferisce parlare di stagnazione anziché di recessione: «Sulla base dei dati congiunturali, non soddisfacenti e ampiamente contraddittori, la prima parte del 2019 si può classificare di stagnazione più che recessione. Sul fronte dei consumi, nonostante un andamento complessivamente non favorevole, si apprezza qualche elemento di vivacità, sintomo del tentativo delle famiglie di reagire ad una situazione di perdurante fragilità delle aspettative».

Per marzo, l’ufficio studi stima una variazione congiunturale negativa (-0,1%) del Pil mensile, dato che porterebbe a un calo dello 0,3% rispetto allo stesso mese del 2018. Il primo trimestre 2019 dovrebbe però registrare una crescita del Pil dello 0,1% in termini congiunturali, mentre il tasso di crescita tendenziale si attesterebbe al -0,1%. A febbraio l’indicatore dei Consumi Confcommercio (ICC) è sceso dello 0,1% in termini congiunturali e aumentato dell’1% nel confronto con lo stesso mese del 2018. In termini di media mobile a tre mesi, dopo il recupero degli ultimi periodi, l’indicatore flette leggermente. La diminuzione registrata in termini congiunturali è sintesi di un aumento dello 0,2% della domanda relativa ai servizi e di una flessione di analoga dimensione per i beni. Variazioni positive apprezzabili si sono registrate solo per i beni e i servizi per la mobilità (+0,5 % sul mese precedente) e per gli alberghi e i pasti e le consumazioni fuori casa (+0,4%). Per contro, la diminuzione più significativa si è registrata per i beni e servizi per le comunicazioni (-0,7 su gennaio), al cui interno ha rallentato la componente relativa ai beni. In diminuzione anche le spese per i beni ed i servizi per la casa e per gli alimentari le bevande ed i tabacchi (-0,5%). Per le altre voci di spesa, sostanziale stagnazione.

L’aumento dell’1% s base annua è invece sintesi – spiega ancora l’ufficio studi di Confcommercio – di un’evoluzione positiva sia della domanda relativa ai servizi (+1,5%), sia della spesa per i beni (+0,9%). In linea con quanto rilevato nei periodi più recenti sulla tenuta di quest’ultima componente ha influito l’andamento della domanda di beni inclusi nella mobilità e nelle comunicazioni: queste due funzioni di consumo fanno segnare rispettivamente, a febbraio, variazioni pari al +6,4% e al +4,7%. Andamenti positivi anche per gli alberghi i pasti e le consumazioni fuori casa (+1,6%). Decisamente più contenuti i tassi di crescita per i beni e i servizi per la casa (+0,5) e per i beni e i servizi ricreativi (+0,3%). La domanda per i beni e i servizi per la cura della persona è risultata stabile. Per contro, la domanda relativa agli alimentari, alle bevande e ai tabacchi (-1,5%) e all’abbigliamento e alle calzature (-0,2%) continua a segnalare una tendenza alla riduzione.

Sulla base delle dinamiche registrate dalle diverse variabili che concorrono alla formazione dei prezzi al consumo, per marzo Confcommercio stima, rispetto a febbraio, un aumento dello 0,3%. Nel confronto con lo stesso mese del 2018 il tasso d’inflazione dovrebbe collocarsi all’1%, in modesta discesa rispetto a febbraio.

(fonte: Confcommercio)

 

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