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Il sistema fiscale secondo i cittadini

Un breve confronto tra le percezioni in Europa e negli Stati Uniti, ora che si parla di nuovo di flat tax

di Fabio Germani

Il dibattito di questi giorni attorno alla flat tax di certo non è inedito, se consideriamo che era stato affrontato molto durante la campagna elettorale del 2018, cavallo di battaglia del centrodestra. La Lega, forza politica che sostiene il governo insieme al M5S, ha premuto sull’acceleratore per l’inserimento della flat tax nel Def, il documento di economia e finanza approvato dal Consiglio dei ministri pochi giorni fa. Cosa è la flat tax, intanto? Letteralmente è una «tassa piatta», cioè prevede un’aliquota unica per cittadini e imprese al di là del reddito (con l’ultima legge di Bilancio è stata introdotta una tassazione agevolata per gli autonomi). Uno dei grossi problemi della flat tax è, appunto, l’assenza di progressività, invece prevista dalla nostra Costituzione, per cui – a rendere tutto il più semplice possibile – maggiori sono i guadagni, maggiori saranno le tasse da pagare. I fautori della flat tax, per garantire la progressività del sistema, propongono una soglia di esenzione e ritengono il modello più efficace (quindi un maggior gettito perché disincentiva l’evasione ed è in grado di sostenere i soggetti più deboli grazie alle migliori risorse per programmi di spesa pubblica) e più equo, oltre che uno strumento utile per abbattere la pressione fiscale, tra le più alte dell’area Ocse. Ma cosa pensano, in generale, i cittadini dei sistemi fiscali?

«Secondo un sondaggio di Deloitte in sei Paesi europei (Italia, Francia, Germania, Grecia, Svezia e Gran Bretagna) – si legge in un articolo del Corriere della Sera a firma Sergio Bocconi del 19 marzo 2019 – le sfide più importanti sono tre: diseguaglianze sociali, disoccupazione, migrazioni. Le stesse rispetto alle quali è ritenuta «inadeguata» la gestione da parte dei governi per mancanza di strategie (48%) e insufficienti risorse economiche (39%). Perciò l’84% dei cittadini considera prioritaria la riforma fiscale». Le questioni da tenere in considerazione sono diverse. Ad esempio: sei cittadini su dieci vedono il «fisco nemico», esprimono insoddisfazione otto su dieci, è iniquo per sette su dieci (per quasi otto su dieci l’evasione è il «fenomeno più critico»). Tuttavia la maggior parte degli intervistati ritiene a quanto pare fondamentale la progressività del sistema (a tale proposito è doveroso ricordare che nell’Eurozona solo Estonia, Lettonia, Lituania e Slovacchia adottano la flat tax): «L’82% – scrive ancora il Corriere della Sera – pensa che la riduzione del fardello delle imposte sia sostenibile senza tagliare i servizi fondamentali, sanità e istruzione, per il 44% riducendo gli sprechi. Per quanto riguarda il modello da adottare, per 8 cittadini su 10 deve restare la progressività, la politica fiscale deve rendere il Paese più attrattivo e competitivo, 6-7 su 10 sono a favore di un’armonizzazione dei sistemi di tassazione e di un uguale rigore in tutta Europa». Ergo: una maggiore armonizzazione a livello europeo, e sappiamo quanto l’idea di istituire un’unione fiscale sia stato un punto di discussione altrettanto in voga negli ultimi anni.

Curioso, allora, può essere un paragone con quanto sostengono i cittadini americani. A fine 2017 è entrata in vigore la controversa riforma fiscale voluta dal presidente Donald Trump, controversa perché non tutti sono concordi sui benefici che deriverebbero da quello che comunque viene considerato il più rilevante intervento in materia da molto tempo a questa parte. La versione breve della riforma di Trump è un sostanziale taglio delle tasse per tutti, imprese (dal 35% al 21%) e famiglie o contribuenti singoli. Stando ad una recente indagine del Pew Research Center, mai come adesso – complice la riforma stessa – si osserva una profonda differenza di vedute tra elettori repubblicani o democratici. Per intenderci, due anni fa repubblicani e democratici avevano opinioni simili sull’equità del sistema fiscale. Al contrario, oggi, il 64% dei repubblicani afferma che l’attuale sistema fiscale è «molto» o «moderatamente equo» (una quota cresciuta di 21 punti percentuali dal 2017), mentre solo il 32% dei democratici è dello stesso parere. Non a caso il 71% dei repubblicani approva la legge fiscale, ma non è così per il 79% dei democratici.

In generale circa sei americani su dieci dichiarano di essere «infastiditi» dalla sensazione che alcune aziende (il 62%) e le persone benestanti (il 60%) non paghino la loro giusta quota di tasse. Ma anche in questo caso appaiono differenze notevoli: tra i repubblicani, il 42% del campione la pensa in questo modo, ma è una percentuale in calo dal 55% del 2015. Di contro, appena il 37% di loro si dichiara «contrariato» dalla sensazione che alcune persone benestanti non paghino quanto realmente sarebbe dovuto (lo affermava il 49% nel 2015). Nel complesso, meno cittadini statunitensi esprimono forti preoccupazioni sulla complessità del sistema fiscale, l’importo che pagano in tasse e se i poveri pagano in maniera adeguata secondo le loro condizioni economiche.

@fabiogermani

 

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