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Mercato del lavoro ancora fragile, così la disoccupazione di lunga durata

Nonostante nel 2018 il numero di chi è in cerca di lavoro da 12 mesi e più sia calato in Italia, il confronto con l’UE (soprattutto la Germania) rimane impietoso

di Redazione

Nelle risalita del mercato del lavoro cui abbiamo assistito negli ultimi anni c’è un indicatore in particolare che va considerato positivamente, anche se continua a nascondere insidie e non spiega proprio tutto in termini di ripresa: la disoccupazione di lunga durata, che in Italia – dati Eurostat diffusi qualche giorno fa – sono diminuiti nel 2018 di oltre 81 mila unità, attestandosi a 1,6 milioni. Ma le insidie, dicevamo, sono dietro l’angolo e dicono molto del perché da noi la ripresa è stata meno robusta che altrove.

La disoccupazione di lunga durata interessa le persone che sono in cerca di lavoro da 12 mesi o più. È un segmento della disoccupazione, piuttosto vasto, che rappresenta, soprattutto dalla crisi, uno dei principali rischi legati al mercato del lavoro. Un prolungato stato di disocuppazione può facilitare la transizione allo stato inattività, con il pericolo di dissipare capitale umano. Interessa tutte le classi di età, ma se riguarda le persone più adulte – considerate tutte le varaibili attuali (impatto tecnologico, mutamenti sociali…) – tale rischio può in molti casi addiritura aggravarsi.

Tornando ai dati Eurostat, il numero dei disoccupati di lunga durata italiani, sebbene in caso, continua ad essere il più elevato nell’UE. E tra Sud (594 mila) e Isole (312 mila), il dato è superiore a quello dell’intera Germania (600 mila). Nello stesso anno di riferimento, nell’UE28 si contano 7,3 milioni di disoccupati di lunga durata, in calo di oltre un milione di unità rispetto al 2017, ma su valori ancora superiori di circa un milione rispetto al 2008 (ma in discesa dal 2013). Nel nostro paese la disoccupazione d lunga durata è raddoppiata sul 2008, mentre proseguendo nel confronto la Germania circa un milione di disoccupati di questo tipo in meno. Per rendere più esaustivo il quadro, basti sapere che in Italia la disoccupazione di lunga durata è pari al 58,1% di quella complessiva a fronte del 43,2% nell’UE28, con significativi divari Nord-Sud.

Intanto l’Istat spiega che nel primo trimestre 2019, il tasso di posti vacanti destagionalizzato è pari all’1,1% nel complesso delle attività economiche considerate, all’1% e all’1,1% rispettivamente nei due settori aggregati dell’industria e dei servizi. Rispetto al trimestre precedente, l’indicatore diminuisce di 0,1 punti percentuali per il complesso delle attività economiche, sintesi di un decremento di 0,1 punti percentuali nell’industria e di 0,2 nei servizi. «Il tasso di posti vacanti – spiega l’Istituto nazionale di statistica – è il rapporto percentuale fra numero di posti vacanti e somma di posti vacanti e posizioni lavorative occupate. I posti vacanti misurano le ricerche di personale che alla data di riferimento (l’ultimo giorno del trimestre) sono già iniziate e non ancora concluse. Sono, infatti, quei posti di lavoro retribuiti che siano nuovi o già esistenti, purché liberi o in procinto di diventarlo, per i quali il datore di lavoro cerchi attivamente un candidato adatto al di fuori dell’impresa interessata e sia disposto a fare sforzi supplementari per trovarlo».

 

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