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Manifattura, ancora in contrazione l’attività dell’Eurozona

Per il Chief Business Economist di IHS Markit: «La crisi del settore non mostra segnali di una fine imminente»

Di Redazione

L’indice destagionalizzato finale IHS Markit PMI del settore manifatturiero nell’Eurozona è in contrazione per il quinto mese consecutivo, arrivando al valore più basso da marzo: 47,6 punti. 

Analizzando nello specifico i diversi paesi membri si nota come la Germania, nonostante il miglioramento del valore dell’indice – il più alto in quattro mesi – abbia registrato i risultati più bassi, mentre il valore maggiore è stato riportato dalla Grecia, che al contrario segna il minimo da 19 mesi. L’indice Pmi italiano è più alto della media dell’eurozona, arrivando a 48,4, ma il risultato è comunque il valore minimo da tre mesi. Per quanto riguarda i singoli sotto-settori, i beni di consumo hanno registrato miglioramenti a tassi maggiori da gennaio, mentre per i beni intermedi la contrazione risulta essere la peggiore da aprile 2013.

Tra le cause della situazione negativa, influenzata dall’andamento del settore automobilistico, si annoverano sia l’incertezza sul versante politico che le difficili condizioni economiche date dalle tensioni commerciali.

Della debolezza della produzione, evidenziata dall’indice, ha risentito anche l’occupazione, che ha registrato tagli per il secondo mese consecutivo in Germania, Italia e Spagna.

Contestualmente, come ha sottolineato Williamson, Chief Business Economist dell’IHS Markit, «la contrazione dei nuovi ordini ricevuti ha fatto si che le aziende manifatturiere si sono sempre più concentrate nel tenere i costi bassi, in particolare con tagli al personale e sulle giacenze. Il peggioramento del flusso di nuovi ordini fa si che le aziende manifatturiere si sono concentrate sul tenere i costi bassi, in particolare riducendo il livello del personale e quello di magazzino».

Nonostante però la contrazione dei prezzi per il minor costo dei trasporti e un più basso dei prezzo dei metalli, le imprese manifatturiere hanno continuato ad aumentare i loro prezzi di vendita. 

In sintesi l’ottimismo storicamente contenuto delle aziende è confermato anche dal Chief Business Economist secondo cui «la crisi del settore non mostra segnali di una fine imminente. Gli indicatori anticipatori di tendenze sono rimasti a giugno pericolosamente deboli, aggiungendo ulteriori paure circa lo stato di salute dell’economia durante la seconda parte dell’anno».

 

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