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Taglio dei parlamentari, cosa succede adesso

Dalle modifiche costituzionali ai tempi, passando per i possibili risparmi e il confronto con gli altri paesi europei

di Redazione

Con 553 voti a favore, 12 contrari e 2 astenuti, la Camera ha ieri – martedì 8 ottobre – approvato in via definitiva la riforma che “taglia” il numero dei parlamentari. In cosa consiste e cosa cambia, da adesso, con l’ok alla legge di modifica costituzionale?

La riforma, fortemente “sponsorizzata” dal M5s, riduce il numero dei deputati da 630 a 400 e quello dei senatori da 315 a 200 (ci sono poi i senatori a vita). Inoltre, modifica anche il numero dei parlamentari eletti all’estero, che passeranno da 12 a 8 alla Camera e da 6 a 4 al Senato. Il numero complessivo dei sì alla riforma non è secondario perché le leggi di revisione costituzionale – così come dichiara l’articolo 138 della Carta – per essere approvate richiedono «la maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione». Una volta approvata, a tre mesi dalla pubbliacazione, la legge può essere sottoposta a referendum popolare nel caso «ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentoila elettori o cinque Consigli regionali» e non viene promulgata se prima «non è approvata dalla maggioranza dei voti validi», quindi senza l’obbligo di raggiungimento di un quorum.

La maggioranza che sostiene il governo Conte ha presentato un piano di riforme che dovrà accompagnare il taglio dei parlamentari, come “contrappeso” al provvedimento, quasi una “moneta di scambio” che è stata anche all’origine della formazione del Conte bis. Si va dagli emendamenti al ddl costituzionale sul voto per l’elezione del Senato da concedere ai 18enni (all’esame di Palazzo Madama), alla riforma elettorale (anche perché crescendo il numero di deputati e senatori sarà necessario ridisegnare i collegi, va poi rammentato che il Senato viene eletto su base regionale), passando per le procedure di elezione del presidente della Repubblica, in particolare relativamente al numero dei delegati regionali. Non pochi costituzionalisti ed esperti ritengono che tale riforma, se non accompagnata adeguatamente da una serie di altre modifiche, possa generare una crisi della rappresentatività e, ad esclusione della legge elettorale, sono tutte proposte di modifica costituzionale.

Significa, in altri termini, che servirà del tempo prima che il nuovo Parlamento prenda consistenza e forma al netto dello snellimento delle due Camere. Una legge di revisione costituzionale, infatti, può non essere sottoposta a referendum se approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti. Si aggiunga anche l’opportunità di cambiare, proprio a causa della riduzione dei parlamentari, non solo la modalità di voto, ma anche i regolamenti parlamentari e il funzionamento delle commissioni. Riguardo il possibile risparmio, tra compensi e diarie, si stima una cifra poco sopra i 50 milioni di euro l’anno alla Camera e quasi 30 milioni al Senato.

Nel confronto con gli altri paesi europei, rispetto al numero di abitanti (60,6 milioni), l’Italia potrebbe così presentare il Parlamento più snello. La Spagna (46,7 milioni) conta 350 rappresentanti al Congresso dei deputati e 265 senatori; la Germania (82,8 milioni) 709 componenti del Bundestag e 69 del Bundesrat; la Francia (67 milioni) 577 rappresentanti nell’Assemblea nazionale e 348 al Senato; il Regno Unito (66 milioni di abitanti) ne conta 650 alla Camera dei Comuni e 776 alla Camera dei Lord.

 

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