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Il commercio mondiale tra tensioni e conflitti tariffari

I rapporti Italia-Cina e la guerra dei dazi, mentre a Shanghai ha luogo la seconda edizione del CIIE

di Redazione

Mentre potrebbe essere non così remota una “tregua” tra Stati Uniti e Cina nell’ambito della guerra dei dazi, o almeno Pechino è in attesa di un segnale di distensione da parte di Washington, a Shanghai ha luogo fino al 10 novembre la seconda edizione del China International Import Expo (CIIE), che vede la partecipazione anche di numerose imprese italiane, molte delle quali con il sostegno della Fondazione Italia Cina, di AICE e della Camera di Commercio italiana in Cina. La presenza italiana andrebbe inoltre “pesata” alla luce del recente Memorandum of Understanding (MoU), volto ad assicurare la collaborazione tra i due paesi nell’ambito della Belt and Road Initiative (BRI).

Il memorandum, già ai tempi della firma, era stato al centro di un acceso dibattito politico. Ma al di là dei vantaggi – ancora da definire in maniera accurata – va sottolineato che i rapporti commerciali tra Roma e Pechino si sono consolidati negli anni. L’Italia è il quarto partner commerciale europeo di Pechino, prima di noi ci sono Germania, Regno Unito e Francia. In generale la Cina è per l’Italia il nono mercato al mondo per esportazioni, eppure è proprio quest’anno che si è cominciato ad osservare un rallentamento. Se nei primi sei mesi del 2019 si era registrata una crescita, seppur lieve, dello 0,3%, allargando l’orizzonte al periodo gennaio-settembre, si nota un calo dell’export italiano verso la Cina del 2,4%, dinamica negativa che si è avviata bruscamente a luglio (dati Istat). Tuttavia, la bilancia commerciale ha continuato a pendere sempre dalla parte di Pechino. E questo nonostante il rallentamento cinese, dovuto anche – ma non solo – alla guerra commerciale con gli Stati Uniti.

In generale, nell’ultimo periodo anche l’export cinese ha subito un rallentamento: dal dato positivo di luglio si passa a quello negativo di settembre (-3,2%). Le esportazioni verso gli Stati Uniti, nel periodo considerato, sono risultate in diminuzione del 17,8% annuo. Ma in generale non è solo la guerra commerciale a caratterizzare l’andamento delle esportazioni cinesi. Come osservava proprio la Fondazione Italia Cina nel rapporto Cina 2019. Scenari e prospettive per le imprese, il rallentamento economico di Pechino, nel suo complesso, è diventato strutturale: «Il tasso della crescita del Pil cinese – veniva spiegato – si riduce ogni anno di qualche decimale di punto, pur restando su valori ampiamente sopra il 6%. Si tratta di una dinamica prevista e che si ripeterà nei prossimi anni, caratterizzati dal tentativo di ridefinire il modello di crescita cinese lungo alcune direttrici: a) equilibrio tra indebitamento e misure di stimolo, b) esigenze di tutela ambientale, c) riqualificazione del tessuto industriale e d) rafforzamento dei consumi». Il cambio di paradigma, infatti, è in atto da qualche anno: meno export, rafforzamento della domanda interna. Lo scopo è diventare «un’economia avanzata e basata in particolare su consumi, servizi e innovazione».

Ad ogni modo l’Istat, nella Nota economica di ottobre, spiega che il quadro internazionale resta piuttosto incerto poiché «nelle ultime settimane è proseguita la fase di indebolimento della congiuntura internazionale legata al persistere di fattori negativi quali i conflitti tariffari, la Brexit, le turbolenze geopolitiche, la decelerazione delle maggiori economie asiatiche e la contrazione dell’industria manifatturiera in Germania».

 

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