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Donne e media, la sottile linea rossa della discriminazione di genere

I risultati del sondaggio Tecnè per l’Agenzia Dire: le donne dovrebbero stare a casa per un italiano su cinque. Per quasi 15 milioni di italiani, le donne sono ancora oggi meno valorizzate nel mondo dell’informazione

di Redazione

Donne e media: un binomio da esplorare, che si interseca tra comportamenti discriminatori purtroppo ancora osservabili nonostante condizioni lavorative e professionali, almeno in teoria, oggi più favorevoli. Uno scenario che include tanto il ruolo specifico delle donne – ad esempio nei dibattiti televisivi o sui giornali – quanto l’immaginario collettivo, talvolta ancorato ai vecchi stereotipi che persistono in alcuni segmenti sociali e che risultano refrattari ai nuovi modelli culturali. In generale appaiono meno discriminanti i trattamenti riservati a uomini e donne nel mondo del lavoro, anche se i punti di vista tra le due componenti non sempre coincidono. Le donne vengono oggi percepite, in un quadro generale, più presenti in tv o sui giornali che si occupano di temi politici ed economici e si ritiene, inoltre, che abbiano nei dibattiti televisivi lo stesso spazio e ruolo degli uomini, così come in politica. Eppure una lettura attenta delle opinioni mette in luce un senso ancora abbastanza diffuso di disagio e la convinzione tra le donne di essere più penalizzate in questi ambiti di quanto non avvenga nell’universo maschile: è quanto emerge dal Rapporto di ricerca Donne e media: la sottile linea rossa della discriminazione di genere dell’istituto Tecnè in collaborazione con l’Agenzia Dire. E non è tutto. Sebbene il 78,2% del campione intervistato da Tecnè affermi di non condividere l’idea che le donne dovrebbero stare a casa per potersi prendere cura della famiglia, i fatti restituiscono un’immagine di segno opposto.Le donne lavorano nel complesso molto più degli uomini, perché alle ore dedicate alla professione vanno sommate, appunto, quelle destinate alle cure per la casa e per i figli. Il tempo necessario per svolgere le mansioni familiari è pari, nel giorno medio, a 6 ore e 15 minuti, ma sono di gran lunga le donne a occuparsene, a fronte di un impegno decisamente inferiore tra gli uomini.

DONNE E MEDIA - 1

La cura della casa e dei figli, dunque, resta a tutt’oggi appannaggio delle donne. Nell’81,9% dei casi, infatti, è la madre a prendersi carico di tutto ciò. Il padre lo fa nel 6,8% dei casi appena e la percentuale della componente femminile cresce all’aumentare della fascia di età: dal 73,3% delle 18-34enni si arriva al 90,6% delle over 65, passando per una quota che si aggira attorno all’80% nel pieno dell’età lavorativa, mentre diminuisce tra chi ha titoli di studio più elevati (8,6%). La ripartizione del tempo dedicato al lavoro familiare nelle coppie con figli ed entrambi i genitori occupati full time riguarda, si legge nel rapporto Tecnè, il 65,1% delle donne e il 34,9% degli uomini. In definitiva quasi un italiano su cinque (19,1%) pensa che le donne dovrebbero stare a casa per prendersi cura della famiglia, un dato piuttosto omogeneo da Nord a Sud.

DONNE E RETRIBUZIONI
A parità di condizioni e ruolo, uomini e donne dimostrano di avere idee diverse sul trattamento che viene loro riservato in ambito lavorativo. Per quanto riguarda il gender pay gap (divario retributivo di genere), il 56% degli intervistati ritiene che le donne guadagnino più o meno uguale agli uomini, ma se tale covinzione risulta più marcata tra gli uomini (69,9%), tra le donne è il 43,2% a pensarla allo stesso modo, mentre il 54,6% è convinto che guadagnino effettivamente di meno. Leggermente più coerenti sono le opinioni relative alla presenza delle donne nei dibattiti che si svolgono in tv o sui giornali e che trattano temi politici ed economici. Anche qui, però, a fronte di un 65,9% che afferma che le donne sono sufficientemente presenti, la discrepanza tra le due componenti è di circa 10 punti (71,4% a 60,9%). Ancora più netta la differenza di vedute su ruolo e spazio occupato nei dibattiti televisivi: se per il 53,1% delle donne è lo stesso degli uomini (risponde negativamente il 44,5% del segmento), tra gli uomini la quota di quanti ritengono sia così sale addirittura al 76,1%.

LE DONNE NEI MEDIA
Le donne che lavorano nell’informazione, giornaliste o conduttrici, ritengono, non a caso, di avere ruoli analoghi a quelli degli uomini solo nel 51,2% dei casi, ma questi ultimi si dicono più convinti (76,1%) di una maggiore parità. Le donne, poi, sostengono di avere una capacità di pensare e leggere la realtà con specificità diverse dagli uomini (75,7%), ma questi ultimi sembrano condividere meno tale possibilità: è d’accordo il 59,6%. In modo analogo, inoltre, le donne impegnate nell’ambito dell’informazione (41,8%) sostengono più degli uomini (24,5%) di essere penalizzate.

LE DONNE IN POLITICA
In politica, infine, i diversi punti di vista emergono in maniera più marcata. In questo contesto, infatti, le donne sostengono nel 46,8% dei casi di essere penalizzate rispetto agli uomini (il 46,9%, però, afferma di “no”), ma quasi il 70% degli uomini è di tutt’altro avviso. Anche sull’impatto che le donne avrebbero in politica le opinioni sono discordanti e in alcune voci non di poco. In generale il 49,6% degli intervistati non crede che la politica sarebbe migliore se ci fossero più donne con ruoli importanti, ma la percentuale tra gli uomini sale al 64,2%. Un complessivo 40%, al contrario, ritiene che sì, la politica sarebbe migliore. Le donne lo pensano nel 58,3% dei casi, ma tra gli uomini è d’accordo appena il 20% del campione. Oltre 38 punti di distanza.

NOTA METODOLOGICA
Campione rappresentativo della popolazione residente in Italia di 18 anni e oltre articolato per genere, età, area geografica, titolo di studio
Estensione territoriale: territorio nazionale
Numerosità del campione: 2.000 casi
Metodo di tilevazione: Cati – Cami – Cawi
Margine di errore: +/- 2,2% a livello complessivo
Data di effettuazione delle interviste: 28 novembre – 2 dicembre 2019
Committente: Dire – Agenzia di Stampa Nazionale

 

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