Tensioni Usa-Iran, le conseguenze economiche
Continua a crescere il prezzo del petrolio. L’Iran è il secondo paese al mondo per riserve di gas e l’Italia è il suo primo partner commerciale in Europa
di Redazione
Mentre crescono le tensioni tra Stati Uniti e Iran dopo il raid americano in Iraq che ha provocato la morte del generale iraniano Qassem Soleimani (le forze statunitensi in medio oriente sono state poste in stato di massima allerta contro eventuali attacchi con droni), alcune ripercussioni emergono a livello economico, con il prezzo del petrolio che continua a crescere, mentre aumentano anche gli acquisti sui “beni rifugio” come l’oro.
Ma non solo gli Usa, anche l’Europa è interessata dalle crescenti tensioni. Anche perché c’è un altro fronte che la preoccupa non poco: quello libico. Il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, chiede di fermare l’escalation – gli scenari di guerra sono due, appunto: Iran e Libia – mentre a Bruxelles si riuniscono i ministri degli Esteri di di Gran Bretagna, Germania, Francia (determinate a tenere in vita l’intesa sul nucleare del 2015, che Teheran ha abbandonato dopo averlo annunnciato nelle scorse, spiegando che procederà con l’arricchimento dell’uranio «senza limiti») e Italia. Il ministero della Difesa tedesco, nel frattempo, ha annunciato che Berlino ritirerà alcune delle sue truppe schierate in Iraq nell’ambito della coalizione anti Isis.
L’Ispi (l’Istituto per gli studi di politica internazionale) ha diffuso via social un’infografica in chi elenca alcune ragioni per cui valga la pena tenere d’occhio l’Iran. Ad esempio l’Italia è il suo primo partner commerciale in Europa e nel 2017 è stato il secondo fornitore di petrolio del nostro paese. Per lo stretto di Hormuz – già teatro di scontri a distanza con la crisi delle petroliere – transita il 30% di tutto il petrolio per via marittima. Nonostante le ricchezze, il 90% degli iraniani vive in aree soggette a emergenza idrica. È il secondo paese al mondo per riserve di gas. Il 59% della popolazione ha meno di 35 anni, ma il 30,3% dei giovani è disoccupato (fonte: Ispi).