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ACCLAMAZIONE
O LIQUIDAZIONE?

di Antonio Caputo

L’elezione per acclamazione a segretario PdL di Angelino Alfano, salutata come apertura di una nuova fase all’interno del partito di Berlusconi, potrebbe aprire effettivamente la fase due, oppure rivelarsi come la nomina di un commissario liquidatore che chiuderà in modo fallimentare una esperienza breve e mal riuscita. Cirino Pomicino nel libro “Strettamente riservato” descrisse le fasi che portarono all’elezione di Martinazzoli a segretario DC, dopo la sconfitta elettorale del 1992, le faide interne al partito sul Quirinale e le prime avvisaglie di Tangentopoli. L’elezione di Martinazzoli fu voluta come segno di rinnovamento di un partito

logorato ma l’ex Ministro fu il commissario liquidatore del partito, che si sarebbe sciolto di li a poco più di un anno. Pomicino indicava, tra gli errori, proprio l’elezione per acclamazione, che non legava il segretario a una precisa linea politica (come dovrebbe avvenire in ogni congresso) ma era l’espressione di un unanimismo di facciata che lasciava irrisolti problemi e diatribe interne. Ora il rischio che succeda la stessa cosa al PdL non è affatto fugato: dopo la crisi di un partito, devono emergere ricette e programmi diversi per tentare di risolverla e rilanciare il partito; è stato così a sinistra dopo le sconfitte nel 1994, nel 2001, nel 2008/2009; l’unanimità nel PdL (per di più su indicazione di Berlusconi) implicherebbe un accordo generale su tali programmi e tali ricette: sarà davvero così? Vedremo. Una delle cause della sconfitta del centrodestra alle recenti amministrative è stata la divisione del partito e della maggioranza nazionalmente e sul territorio, con la presenza di bande di feudatari in guerra tra loro più che contro gli avversari. Milano, Napoli, Trieste, Cagliari solo per citare le sconfitte più cocenti hanno avuto tra le loro cause (certo, non solo: crisi economica e vicende private del Premier molto hanno inciso) proprio le spaccature nel PdL. Personalmente ritengo quello del PdL un tentativo abortito: per far nascere un partito, servono discussioni, passione, linee identitarie, radicamento, disciplina interna etc. Tutto ciò è mancato. In questo risalta l’errore di Berlusconi nel 2007: dinanzi alla nascita del PD, il Cavaliere, per non farsi scavalcare sul versante novità, decise, d’amblé, di sciogliere FI per dar vita al PdL, possibilmente inglobando i riottosi Fini e Casini, i quali dissero no, salvo il dietrofront di Fini sotto elezioni. Berlusconi ha sciolto 2 partiti, FI e AN, per far nascere un non-partito, il PdL, che vince solo quando il capo va bene; se però il capo ‘non tira’ più, il partito si liquefa nazionalmente come sul territorio; anche FI era così, ma col PdL la cosa è anche peggiorata Va però detto che la decisione di costruire un partito unico del centrodestra non è del 2007, ma risaliva ad almeno 3 anni prima (Europee 2004) col tentativo, fallito, di dar vita alla lista unica FI-AN-UDC come contraltare della lista dell’Ulivo. E Berlusconi desiderava un partito unico credendo così di tacitare i dissensi provenienti da AN e (soprattutto) UDC, costruendo un partito in cui far sostanzialmente rientrare gli aderenti nei ranghi. Sbagliava il Cavaliere a credere che (se anche la cosa fosse andata in porto), una volta entrati nel suo partito, Fini e Casini avrebbero smesso di creargli problemi: il dissenso (in più d’una occasione, è vero, gratuito e al solo scopo di logorare il Premier, nella speranza di sostituirglisi) non si può tacitare ”per decreto”. Al neosegretario spetterà ora il compito di trascinare il PdL fuori dalle secche in cui s’è cacciato; ma se sul territorio continuerà ad essere esponenziale di interessi di feudatari contrapposti, che stanno insieme in attesa di farsi le scarpe l’un l’altro, il partito non andrà lontano. Su 4 punti Alfano deve dare immediatamente delle risposte: le primarie come strumento di selezione del ceto dirigente; il coinvolgimento di giovani e società civile, che hanno una voglia matta di partecipare; l’utilizzo delle nuove tecnologie comunicative che sempre più stanno sostituendo i vecchi media; la moralizzazione del ceto politico. Saprà fare tutto ciò? Se si, allora il dopo Berlusconi lascerà in eredità un partito di centrodestra strutturato, altrimenti, come detto su, Alfano sarà solo il commissario liquidatore di una esperienza breve e mal riuscita. 

 

1 Commento per “ACCLAMAZIONE
O LIQUIDAZIONE?”

  1. […] a non abbandonare la nave e a ripresentarsi tra due anni in veste di candidato. Su queste pagine ci si è domandati, a proposito, se l'acclamazione del segretario del Pdl non possa rappresentare piuttosto la delega […]

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