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La storia delle mutande del dissenso

Mutatis mutandis, dal provocatorio monologo in mutande di Gianni Morandi che portò Uno di noi nel 2002 a vincere la sfida degli ascolti del sabato sera, allo scalpore suscitato dalla sfilata di Valentino in occasione della quale si presentò in mutande l’ex  sindaco di Milano Gabriele Albertini (poi ripreso dalla celebre parodia di Teo Teocoli), fino ai centocinquanta esemplari di biancheria annunciati da Giuliano Ferrara per la giornata di domani: le mutande diventano così simbolo di protesta.
Siamo in mutande, ma vivi” è lo slogan che l’Elefantino ha scelto convocando a Milano una manifestazione contro quella che definisce una minoranza etica di puritani che, con metodi che riecheggiano il totalitarismo giacobino, tenta di rovesciare il governo democraticamente eletto. Alla scenografia del teatro del Verme saranno così appese centocinquanta mutande diverse e colorate a testimonianza del dissenso nei confronti di chi – come scrive Ferrara nell’editoriale manifesto della protesta –  continua a fare politica basandosi su tesi ipocrite e moraliste, contro chi si ostina a guardare attraverso il buco della serratura, e contro il partito dei pubblici ministeri intento a praticare una sistematica persecuzione diretta ad personam e  finalizzata alla demolizione personale del premier.
In particolare, l’iniziativa del direttore de Il Foglio, vuole rappresentare una reazione giocata d’anticipo rispetto alla manifestazione per la dignità delle donne prevista per il 13 febbraio, oltre a una chiara risposta nei confronti del dilagare del conformismo anti-berlusconiano andato in scena al Palasharp e visibile ogni giorno in primo piano sulle pagine di Repubblica.
Ma la protesta organizzata da Ferrara, considerati i precedenti non rappresenta questa volta una trovata originale: a giugno dello scorso anno infatti, insegnanti, dipendenti pubblici e genitori hanno protestato contro la “Squola”ridotta  in mutande  a seguito dei tagli previsti nella riforma Gelmini. Poi sono arrivati i sindaci, in mutande per i tagli dei trasferimenti ai Comuni previsti dall’ultima manovra finanziaria. E a settembre a Mozzo, paese del Bergamasco, i militanti dell’Udc hanno steso decine di slip come simbolo di protesta contro l’amministrazione leghista colpevole di aver lasciato i cittadini in mutande a dispetto delle promesse in materia di sicurezza e lavoro. Il risultato? Una multa per aver manifestato senza autorizzazione. E per citare un altro episodio, lo scorso mese di gennaio i vigili del fuoco di Brescia si sono spogliati durante le agitazioni sindacali per richiamare l’attenzione sulla carenza di personale.
Insomma, il fenomeno è davvero diffuso: per dimostrare che il re è nudo tocca mettersi in mutande.

 

1 Commento per “La storia delle mutande del dissenso”

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