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In duemila anni, solo soluzioni “di Commodo”

COME SI TRASMETTE IL POTERE
di Francesco Nardi

Nelle democrazie compiute il potere si trasmette attraverso l’esercizio di libere elezioni. E’ un principio saldo, verificato, irrinunciabile, ovvio al punto d’essere banale. Il problema, però, è che non è sempre immediato riconoscere una democrazia “compiuta”. La promulgazione e la vasta condivisione di una carta fondamentale è certo l’atto formale necessario a dare compiutezza a una democrazia, me non è sufficiente. Ciò che fa la differenza non sta nel rispettare la lettera delle regole, ma nel condividerne e rispettarne il senso. E questo è molto più complicato. In primo luogo perché l’interpretazione del senso, al di là della forma, precipita gli interpreti in inevitabili contrapposizioni, e poi perché il senso di una norma è inchiodato all’epoca della spinta normativa che l’ha prodotta e non è sempre agevole riadattarne il motivo, nel corso degli anni, continuando a non contraddirne la lettera.
A prescindere dalle regole di cui gli Stati nazionali si sono dotati, ad esempio, è sorprendente notare come la trasmissione del potere avvenga sempre secondo uno schema tipico che è ormai provato da secoli e secoli di fitta pratica politica.
Quali che siano le procedure formali che un ordinamento possa prevedere, il potere si trasmette, infatti, ancora come avveniva ai tempi dell’impero romano.
Le costituzioni, in sostanza, hanno dotato le scelte degli uomini di un abito formale che calza a pennello sul senso che già secoli fa gli avevano assegnato. Ed è impressionante come, a dispetto di ogni logica, i fenomeni che prima interessavano pochi oggi si riflettano per vasti tratti nelle condotte di molti. Tanto che le democrazie cosiddette compiute finiscono spesso per apparire come oligarchie di massa, un’immagine che descrive un ossimoro per il quale impetro clemenza, e che di seguito cerco di spiegare.
Il potere nell’impero romano si trasmetteva con la manifestazione di almeno quattro fenomeni alternativi: il rifiuto, la trasmissione familiare, la scelta del migliore e l’usurpazione. Il ruolo del rifiuto nella trasmissione del potere è forse la prima manifestazione del germe democristiano nella vita politica. Sorrentino ha immortalato in una scena de il Divo due cariatidi democristiane, Forlani e Andreotti, concorrere per l’elezione alla medesima carica: la Presidenza della Repubblica. Ed entrambi i leader, in quella scena più che verosimile, alimentavano la loro legittima ambizione attraverso il rifiuto: negando strenuamente di nutrirla. Accade lo stesso ne il Gladiatore di Ridley Scott, laddove Marco Aurelio annuncia a Massimo Meridio di volerlo indicare come suo successore. E questi rifiuta perché non si sente degno del compito. Massimo Meridio rifiuta perché è convinto di non essere degno, e Marco Aurelio gli risponde che è proprio quello il motivo per cui invece lo è. Andreotti e Forlani, di contro, rifiutano perché sono convinti di essere degni proprio perché sono in grado di rifiutare. E’ il primato della strategia politica a sovvertire ogni parametro. E’ l’amministrazione del consenso democratico ad apparire come ciò di più antidemocratico si possa conoscere, almeno per ciò che il termine “democrazia” comunemente suggerisce.
Ma i casi si ripetono nella storia molte volte. E se le cronache non hanno trasmesso solo suggestioni, pare che più di un Pontefice, chiamato al soglio, abbia risposto “perché io?”.
Il rifiuto è la più bieca forma di accettazione, è la candidatura più strisciante e insidiosa, e occorre nelle cronache attuali con costante precisione: dal rifiuto di Tremonti, per dire di un caso sul quale si possono accettare scommesse, fino a quello di Rosy Bindi che come un eroico pompiere si è precipitata a sedare le lusinghe incendiarie di Nichi Vendola.
Il rifiuto del potere, come si vede, è strettamente connesso al metodo della scelta del migliore: è la strada che aveva scelto Marco Aurelio, ma è anche quella che aveva scelto Bersani per Tremonti, o Vendola per Bindi. Il rifiuto è il metodo che nel “migliore” trova la soluzione, a prescindere dalle qualità dell’indicato. Così nascono i candidati come Prodi, o i Governi come quello Dini. “Migliore”, non a caso, è un comparativo relativo e che gioco forza reca in sé nulla d’assoluto.
L’avvento delle democrazie “compiute” dovrebbe teoricamente aver spazzato via anche la trasmissione del potere attraverso linee di sangue. Eppure questo, come si vede, non è vero.
Acute formulazioni normative non impediscono che ad esse gli uomini diano il senso che vogliono, determinando atti e fenomeni che producono, su vasta scala, due presidenti americani con lo stesso cognome in un breve lasso di tempo, e poi un altro ancora e magari un giorno la di lui moglie. E che dire dei delfini e delle trote nostrane, fino ai gossip generazionali che non trovano conferme, ma che per il sol fatto di costituire notizia producono un dato culturale: cioè che la scelta familistica esiste e può essere perseguita in nome del popolo sovrano.
Quanto si è detto per la scelta del migliore ha molto a che vedere con i tantissimi casi in cui nella storia il potere si è trasmesso attraverso l’usurpazione, la frode e il golpe.
La tanto starnazzata costituzione materiale arrossisce di fronte a tali esempi di geniali manipolazioni della lettera delle norme che regolano elezioni e formazioni dei governi.
Per ogni “migliore” ch’è stato scelto, c’è sempre stato un altro che ne ha definito illegittimo il governo e l’imperium. Per ogni Dini, c’è stato un “ribaltone”. Per ogni buon Marco Aurelio, c’è stata, pronta a scattare, una congiura e una soluzione “di Commodo”.
Queste di cui abbiamo parlato non son certo espressioni legate solo all’attualità. Hanno radici profonde: prima ancora dei romani ci si poneva il problema. E nulla è cambiato da quando le rane volevano un re, e ogni volta non erano contente. E ancora nulla sapevano di tali leggi elettorali.

 

3 Commenti per “In duemila anni, solo soluzioni “di Commodo””

  1. […] Soluzioni “di Commodo” Ma quanto mi diverto? […]

  2. […] potuta ottenere. Insomma è un sacrificio, e questo non si discute, ma fino a un certo punto. Qui abbiamo parlato di recente delle scelte di “Commodo” che hanno segnato storicamente le […]

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