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Quanto durerà questo 24 luglio permanente?

IL CAVALIERE E' COSTRETTO A RESTARE IN SELLA

In tempi non sospetti Giuliano Ferrara ha parlato di un 24 luglio permanente, riferendosi alla tesa atmosfera che da ormai qualche anno si è addensata intorno a Berlusconi e alla sua immaginaria successione. Il dopo-Berlusconi è stato così tante volte evocato da costituire un topic dal quale non sembra più lecito attendersi sintesi particolari, tanto è chiaro che mai si potrà affrontare seriamente l’argomento prima della effettiva uscita di scena di questo signore tanto determinato, ingombrante e tenace.
C’è da intendersi però su un punto particolare: perché il dopo-Berlusconi non si riferisce certo all’individuazione dell’uomo che potrà prenderne il posto alla guida del Paese, dato che il fenomeno dell’alternanza ci ha già concesso di sperimentare quanto questo tipo di “dopo” possa essere evanescente. C’è ad esempio un dopo-Prodi, se non si vuol far conto anche dei possibili esiti della prossima corsa al Quirinale, ma non c’è mai stato un dopo-Berlusconi.
E’ chiaro quindi che quella locuzione si riferisce al grande e complesso riordino dell’area cosiddetta dei moderati italiani che fanno riferimento alla famiglia del popolarismo europeo, e al momento non è assolutamente possibile né utile alimentare o proporre congetture sul tema.
Del resto le ultime cronache che possono catalogarsi sotto questa voce riguardano l’irrequietezza di Fini causata, secondo molti, o dalla mancanza di chiarezza sul tema della successione, o alternativamente dalla necessità di riposizionarsi in tempo utile, per almeno provare a rendersene protagonista. La sensazione però è che il riposizionamento sia avvenuto con modi e incidenti di percorso tali che forse hanno portato Fini oltre la soglia dello smarcamento, cioè in posizione di fuorigioco.
Il dopo-Berlusconi però può anche leggersi in altro modo, cioè attraverso la profetica individuazione del potenziale leader nazionale, a prescindere dallo schieramento da cui esso provenga: l’indicazione, cioè, di un leader che possa raccogliere non l’eredità politica di Berlusconi che è ovviamente solo di una parte, quanto occupare il vuoto di riferimento con il quale si troverà il Paese a fare i conti quando Berlusconi non sarà più sulla scena: un uomo, cioè, che valga tanto quanto trascinatore di una parte quanto come avversario di un’altra.
Da un lato le stazioni dei rottamatori piddini non sembrano affollate da personaggi in grado di proporsi. Dall’altro Vendola risulta incartato in un vortice retorico-riflessivo che dà fin troppo ragione alle bonarie caricature di Checco Zalone. E dall’altro ancora (pare ufficiale che i lati oggi siano almeno tre) invece sembra sempre più evidente la guerra tra medie stature che si fanno cortese ombra reciproca.
C’è poi la possibilità, sempre incombente, della “discesa in campo” di un nome nuovo, ovvero di qualcuno che possa “prestarsi” alla politica per replicare successi raccolti in altro ambito: che poi è la formula con la quale Berlusconi si presentò al Paese nel 1994. Ed è quindi il caso del gran chiacchiericcio periodico che a turno sfuma o si alimenta intorno al nome di Montezemolo.
Le intenzioni di quest’ultimo, tra le imminenti discese ardite in campo e le risalite a lanci sui massimi sistemi, restano a oggi ancora sconosciute. A patto di non lasciarsi impressionare dalle battute che lo stesso distribuisce periodicamente al probabile scopo di testare le reazioni alla sola possibilità di un suo coinvolgimento diretto.
Insomma, se non abbiamo “bucato” clamorosamente un Obama nostrano, si direbbe che al momento di cavalli pronti alla mossa non ce ne siano. E in vero si deve riconoscere che questa è stata fino a oggi la più grande fortuna del Cavaliere, molto più di quanto possa averne ricavata grazie al consenso popolare ancora raccolto e ai puntuali servigi dei suoi avvocati.
Eppure l’immagine del 24 luglio permanente è ancora quella che meglio descrive la situazione. E’ probabile allora che alla suggestione di Ferrara debba assegnarsi un differente significato politico: non più quello che gli era stato ascritto e che riferiva del preoccupato allarme per il quotidiano incombere di un moderno Gran consiglio, ma di uno diverso e che piuttosto recita la stasi d’allerta messa in scena a uso di rassicurante notizia. Perché di un “24 luglio permanente” si converrà che non è la data a essere importante, ma il participio.

 

1 Commento per “Quanto durerà questo 24 luglio permanente?”

  1. […] ancora Berlusconi o chi per lui. Non possiamo saperlo né ci compete. Possiamo vantare, però, una riflessione anzitempo sull'argomento: “Il dopo-Berlusconi non si riferisce certo all’individuazione […]

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