Cialente racconta L’Aquila due anni dopo | T-Mag | il magazine di Tecnè

Cialente racconta L’Aquila due anni dopo

LA PAURA E I RITARDI DELLA RICOSTRUZIONE | di Francesco Nardi
di Francesco Nardi

Sono passati due anni dalla terribile notte in cui la terrà tremò all’Aquila. Due anni complicati, più di settecento giorni di sforzi profusi per superare il trauma, elaborare i lutti e al contempo nutrire i ricordi delle vittime di quel sisma maledetto che ha messo in ginocchio una città e i suoi abitanti.
Le cose da fare sono ancora tantissime, più di quante si possa immaginare, ed è il sindaco Massimo Cialente a spiegare a T-Mag l’angoscia e la determinazione con la quale fino ad oggi ha fatto fronte alla primissima emergenza e poi alla ricostruzione della città, segnata da troppi strappi e in particolare da troppi ritardi. «La cosa allucinante è che ci sono i soldi per ricostruire, e quindi il lentume terribile è ancora più inaccettabile» così dice il sindaco che poi non ha problemi ad ammettere che la massima secondo cui a pensar male s’indovina anche questa volta sia appropriata. «Il problema – continua – è che troppo tempo si è perso nel definire come dovevano essere impiegati i fondi: se affidando la ricostruzione al metodo delle gare ancorate ai fondi europei, piuttosto che facendo ricorso al metodo dell’indennizzo diretto. Su questo punto c’è stata una grande lotta, per sottrarre il tutto ai grandi gruppi e avvantaggiare piuttosto le imprese locali, anch’esse già abbastanza indebolite da quanto è successo». Una battaglia che però si è risolta bene almeno sotto questo aspetto, perché il diritto che è stato riconosciuto agli aquilani è quello di ricostruire direttamente, anche se – e il sindaco ci tiene a precisarlo – «a questo diritto corrisponde il dovere assoluto di non sbagliare, e cioè di costruire bene e secondo princìpi sani».
Cialente comunque ci confida che i mezzi finanziari sono ovviamente imprescindibili, ma che questi da soli non possono bastare perché «la comunità risponde solo se ha un’aspettativa: il compito è immane, e non si può riuscire se si fa passare il tempo inutilmente, perché questo ha un effetto straordinariamente negativo sulle aspettative dei cittadini e quindi sulla capacità della città di rialzarsi».
C’è poi un altro punto sul quale Cialente è perentorio, e riguarda il dibattito che in questi due anni si è sviluppato, perché il ritardo nella ricostruzione «ha immiserito il dibattito, laddove non c’è solo la questione del denaro all’indice, ma anche quella, importantissima, del cosa ricostruire e secondo quale immagine della futura città, che deve essere moderna, competitiva, e non semplicemente aggiustata».
E’ chiaro che due anni trascorsi in questo modo abbiano esasperato gli animi, e che ogni piccolo passo in avanti rappresenti una conquista sempre più piccola, tuttavia il sindaco si dice ottimista, in particolare nei confronti della sfida economica che L’Aquila si troverà ad affrontare. «Parliamo di un territorio che ha straordinarie risorse, di una città che ha il numero di istituzioni culturali più alto per numero di abitanti. Ma c’è anche altro, alla vigilia del sisma il nostro sistema sanitario esercitava per qualità una discreta attrattiva nei confronti di altre regioni. Tutte cose che lasciano sperare che se si rispettano i tempi e si fanno le cose per bene, ce la possiamo fare certamente». Cialente poi ricorda anche che due anni fa con un piano strategico di terza generazione già si stavano predisponendo gli strumenti per far fronte ai problemi economici che comunque ci sono nel territorio. Ora tocca dunque salvare cioè che di buono è rimasto e lavorare per il futuro «facendo come altre comunità hanno fatto in casi del genere, trasformando cioè la sciagura in un’occasione di riscatto».
Cialente sembra averne abbastanza delle polemiche e non si mostra entusiasta, chiamato a commentare le recenti dichiarazioni del vicepresidente del CNR che aveva definito le calamità naturali come “carezze affettuose di Dio”. Dice però che vorrebbe tanto «che l’Italia fosse semplicemente un Paese più serio». «Non ho nulla da ridire – aggiunge – su quanto pensa o immagina ciascuno dentro di sé, però è chiaro che sarebbe meglio se, specie gli scienziati o coloro che hanno determinate responsabilità, si attenessero almeno alla consegna appunto della serietà».
Qualche altra battuta il sindaco l’ha concessa a proposito del modo in cui i media hanno seguito in questi due anni le vicende dell’Aquila. Ed è evidente che si sono sviluppate le consuete «dinamiche dettate dal mercato, per le quali i riflettori sono accesi fin quando c’è notizia da divulgare e diffondere». Ma per Cialente il problema non è stato tanto quello della copertura mediatica che in certi casi non manca mai. Più che altro denuncia il modo «militante in cui da ogni parte è stato raccontato tutto quanto è successo all’Aquila dopo la tragedia del 6 aprile 2009: si è letto che tutto era bellissimo e risolto da un lato, e che tutti erano ladri e approfittatori dall’altro, ed è evidente che in nessuna di queste affermazioni c’è la verità. Ciò che avviene qui non è un derby calcistico per cui si sta da una parte o dall’altra; ci sono molte sfaccettature da cogliere e interpretare e questo non si può fare con l’animo del tifoso».
Infine abbiamo chiesto al sindaco di commentare, a ridosso del secondo anniversario da quella notte del 2009, un’altra ricorrenza che si è recentemente celebrata, cioè quello del 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Spiegando con che animo il sindaco abbia celebrato la ricorrenza Cialente ha risposto con orgoglio: «Non sono andato a Roma. Sono rimasto qui ed abbiamo celebrato con l’alzabandiera tra le macerie: questo mi ha fatto sentire un buon italiano».
T-Mag gli augura buona fortuna: questo sindaco e quella città ne hanno bisogno.

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1 Commento per “Cialente racconta L’Aquila due anni dopo”

  1. […] a caso il 6 aprile, a due anni dal terremoto che devastò L'Aquila (dove c'è ancora molto da fare, ha chiosato il sindaco Cialente in un'intervista a T-Mag), Carlo Buttaroni osservava come il ricordo di quel […]

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