Mantovano e le dimissioni che non lo erano
Alfredo Mantovano si è dimesso dal suo incarico di sottosegretario all’Interno per via della inefficienza nella gestione dell’emergenza migranti. Giorni dopo, invece, ci ripensa perché i permessi di giorno temporanei escogitati dal governo sono un’iniziativa che risponde alle sue richieste. Il direttore del Post, Luca Sofri, scrive sul suo blog – la vicenda avrebbe meritato posto nella rubrica “Notizie che non lo erano”, come lui stesso ammette – che “la notizia si inserisce in effetti in un solco degno ormai di una saggistica sua: le dimissioni minacciate di Giovanardi, le dimissioni promesse di Carfagna, le dimissioni annunciate di Prestigiacomo, e ora le dimissioni ritirate di Mantovano. Tutte date per certe dai giornali, e poi sparite senza lasciare tracce, né riflessioni successive”.
“In questo caso però – osserva ancora Sofri – non si può darne colpa ai giornali, che altre volte dovrebbero usare maggiore scetticismo nei confronti di tanti annunci: queste dimissioni sembravano convincere della loro concretezza anche i più sgamati e corretti cronisti. Mantovano si era dimesso, agli occhi di tutti. Invece no: non si era dimesso, e oggi tutto torna al suo posto. Mantovano si rivela avere usato il suo gesto come strumento di pressione, forse, ma senza essere disposto a pagare nessun prezzo per quello che ha ottenuto. Dignità avrebbe suggerito che si limitasse a dire ‘apprezzo la scelta del Governo e spero di avervi contribuito, ma non torno indietro su una scelta fatta e annunciata al paese, suonerebbe ridicolo’. Che mantenesse il suo disappunto per quello che è stato fatto a Manduria, esposto come un tradimento nei confronti dei suoi elettori, anche passato qualche giorno: altrimenti è come dimettersi prima di un’esecuzione capitale perché la si ritiene ingiusta, e ritirare le dimissioni a esecuzione avvenuta perché ti promettono che ora non ne faranno più”.