L’intervista al blogger siriano Rami Nakhle
«They want to kill me, but I will not stop my work». Vogliono ucciderlo, ma lui non ha intenzione di fermarsi. Il messaggio arriva forte e chiaro via skype, mentre sul suo computer si sente piovere una tempesta di messaggi. Arrivano dai giornalisti di tutto il mondo: Cnn, Bbc, Ap, Al Jazeera. Il suo vero nome è Rami Nakhle, ma è meglio conosciuto con lo pseudonimo Malath Aumran. Chiuso in una stanza di Beirut, dove si trova in esilio, tiene le redini della guerra telematica contro il regime siriano di Bashar Al-Assad. Vive di facebook, twitter, flickr. Rilascia interviste, organizza le rivolte, conta i morti, carica in rete «almeno 100 video al giorno», ognuno dei quali testimonia «le violenze di piazza commesse dall’esercito siriano». Sa di rischiare grosso: «Non soltanto il carcere, perfino la vita».
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