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Maggioranza bulgara? Serve il voto immigrato

Riaffiora il tema del voto "allargato" agli immigrati. Il fronte dell'integrazione alla prova dell'urna

I candidati sindaco alla ricerca dei “nuovi” voti. Si potrebbe riassumere in questo modo l’articolo di Repubblica di oggi che spiega come i cittadini neocomunitari (rumeni e bulgari) possano, teoricamente, condizionare l’esito delle prossime elezioni amministrative. In Italia, infatti, l’unico requisito richiesto ai cittadini comunitari per votare nel Comune di residenza è l’iscrizione nella lista elettorale aggiunta. Ma i numeri non sembrano significativi al punto da rendere questi voti così determinanti. Il quotidiano diretto da Ezio Mauro dà qualche cifra: a Milano sono iscritti nelle liste elettorali 754 rumeni (su 41 mila), a Bologna 502 (su 15 mila). Va meglio a Torino dove gli iscritti provenienti dalla Romania arrivano a 2.633. I bulgari che parteciperanno al voto in tutta Italia, invece, sono molti meno.
La quasi inconsistente partecipazione alle urne dei cittadini comunitari (c’è da dire che anche quelli di altre nazionalità scarseggiano) paventa l’ipotesi di una flebile inclusione sociale pur essendo la regola piuttosto agevole per chi ha intenzione di esprimere la propria preferenza in vista del rinnovamento delle giunte.
Quello del voto “allargato”, oltretutto, è un argomento che di tanto in tanto riaffiora nel dibattito politico. Restando nell’ambito delle amministrative, nel 2003 non passò inosservata la richiesta dell’allora vicepremier, Gianfranco Fini, di estendere la facoltà agli stranieri. “I tempi sono maturi per discutere di diritto di voto, almeno amministrativo, per le persone immigrate”, disse Fini a conclusione della Conferenza sulle politiche europee sull’immigrazione. Il concetto fu ribadito anni dopo, stavolta in veste di presidente della Camera: “Non è un’ipotesi sciagurata, né un’idea criminale”. Fini – era il 2008 – aveva già pronta la ricetta: “Gli immigrati devono dimostrare di adempiere a certi doveri, avere un lavoro, un domicilio, rispettare le leggi e pagare le tasse”. In entrambi i casi è stata sempre la Lega a imporre il proprio niet: nel 2003 Calderoli minacciò la caduta del governo e successivamente fu Bossi a dare del “matto” a Fini.
Per i cittadini comunitari tanti paletti neppure ci sarebbero qualora fossero interessati alle consultazioni. Ma i numeri – Torino a parte – non sembrano andare a favore dei candidati. È assai probabile, insomma, che nessuno di loro vincerà con percentuali bulgare. Tanto per restare in tema.

 

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