Milano. Moratti-Pisapia, le carte svelate dal Corsera
Il giorno dopo è un processo mediatico, ma non solo, alle accuse che ieri Letizia Moratti ha rivolto al candidato a sindaco di Milano del centrosinistra, Giuliano Pisapia. Il Corriere della Sera ricostruisce con dovizia di particolari – e carte alla mano – la vicenda rievocata dalla sindaca uscente. “In 25 secondi, studiatamente gli ultimi del faccia a faccia con Giuliano Pisapia su Sky – si legge nel pezzo a firma di Luigi Ferrarella –, le parole di Letizia Moratti risultano contraddette due volte dalle sentenze: da quella d’Appello che il sindaco tace, e da quella stessa di primo grado che cita. Moratti richiama un verdetto d’Assise del 1984 per affermare che solo un’amnistia aveva salvato il rivale da una condanna per furto, ma tace che Pisapia in Appello era poi stato assolto nel merito nel 1986 «per non aver commesso il fatto». E anche solo restando alla sentenza di primo grado del 1984, fa credere che alla base dell’applicazione dell’amnistia vi fosse da parte dei giudici un’affermazione di responsabilità di Pisapia per il furto del 1978, mentre invece nella motivazione la Corte d’Assise esplicitamente scriveva che, se non fosse intervenuta l’amnistia, avrebbe comunque «assolto per insufficienza di prove» Pisapia”.
Il resto dell’articolo è un susseguirsi di date e sentenze fino a quando il giornalista ricorda un precedente relativo al capolista del Pdl a Milano: Silvio Berlusconi. “Un dato definitivo che relega in secondo piano la scelta del sindaco di connotare negativamente l’amnistia attribuita (erroneamente) al rivale nonostante di un’amnistia vera abbia usufruito, per fatti parimenti datati, il capolista della sua lista Pdl, Silvio Berlusconi, per il quale 21 anni fa la Corte d’Appello di Venezia dichiarò nel 1990 l’amnistia della «falsa testimonianza» imputatagli per aver negato l’iscrizione alla loggia P2 di Licio Gelli”.