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Alfano, il delfino designato nullipotenziario

La nomina del segretario politico serve a rilanciare il Pdl. Ma l'impressione è che tutto resterà come prima

A sentirlo parlare giovedì sera durante l’intervista al Tg1 (durata circa cinque minuti e non senza successive polemiche) Angelino Alfano sembrava ostentare una certa sicurezza. In sintesi: Berlusconi è imprescindibile, ma la sua nomina a segretario politico (che verrà ufficializzata molto probabilmente dopo il congresso che modificherà a tale proposito alcune regole statutarie) rappresenta quella figura di unità che mancava al Pdl. Sarà, ma le diverse anime del partito – che Alfano dovrà tentare di tenere a bada – sembrano piuttosto irrequiete. Attuali coordinatori compresi, per quanto La Russa affermi il contrario. La nomina di Alfano è un chiaro segnale: è la designazione ufficiale del delfino di Berlusconi. Sia beninteso: ciò non significa necessariamente che il guardasigilli (praticamente dimissionario) sarà il successore del premier. Tuttavia, per la prima volta, si è al cospetto di un braccio destro fortemente voluto dal leader. Niente a che vedere, insomma, con il “delfinario” che da anni consuma litri di inchiostro nelle più illustri redazioni senza però mai arrivare a un dunque. Si alimenta il sospetto, malizioso certamente, che la “figura unitaria” si muoverà nello scacchiere pidiellino secondo la volontà di Berlusconi che resta e resterà ancora a lungo il decisore finale delle sorti del partito.
Ma c’è di più. La nomina di Alfano (che fa molto Prima Repubblica, mai un partito di Berlusconi aveva avuto un segretario politico) apre altre questioni in qualche modo legate al futuro del Pdl e quindi alla successione del Cav. Claudio Scajola ha proposto in questi giorni di archiviare una fase ormai superata dallo strappo con i finiani magari cambiando nome e simbolo al partito. La stessa idea è stata lanciata dal sindaco di Roma, Gianni Alemanno, con la variante dell’auspicio di una ripresa al dialogo con Fini. E ancora, il tema delle primarie che anche nel centrodestra si vorrebbero introdurre o su cui almeno si vorrebbe iniziare a sondare il terreno (Berlusconi venerdì mattina a La Telefonata non è sembrato disdegnarle).
Intanto i diretti interessati negano che la corsa alla successione abbia avuto il via, ma è non è da escludere che l’investitura di Alfano metta paura ai molti che da tempo aspirano a ruoli che non siano all’ombra del presidente del Consiglio. Tra questi Roberto Formigoni, che recentemente ha sostenuto che “a succedere a Silvio dovrà essere una squadra, non una singola persona. In fondo non siamo in tanti i leader potenziali del Pdl: sette, otto”. Ma anche qui – è proprio la vicenda Alfano a suggerirlo – ogni discorso potrebbe cadere nel vuoto. È del tutto preventivabile, infatti, che sarà il premier in persona a decretare chi sarà degno del fardello. E Berlusconi, notoriamente, in politica non ha né figli né figliastri. Al massimo un delfino.

 

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