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Impresa possibile o impossibile? Giuliano Ferrara fa il quadro della situazione in rap

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Giuliano Ferrara ci gira un po’ intorno, poi chiede penna e calamaio e finalmente fa il quadro della situazione intorno al cavaliere. Il registro non è nuovo al direttorissimo de il Foglio: ci ha abituato a una buona alternanza tra sviolinate dolci, marcette allegre, e severe reprimende dal sapore affettuoso. Ma oggi la situazione è tale che il registro richiedeva qualcosa di diverso. Se dovessimo assegnare un registro musicale a quest’ultimo pezzo che incolliamo in calce, diremmo che è un rap. La lettura comunque è obbligata. 

(Giuliano Ferrara su il Foglio)
Stuff happens, diceva Don Rumsfeld, una specie di “ci sono cose che succedono”. Angelino Alfano, al termine del vertice con Bossi ad Arcore, garantisce che si tira avanti fino al 2013 con una maggioranza solida, un rapporto con Bossi robusto, riforme già in cantiere. Benissimo. Scajola vuole rifare la Dc, benissimo. Bersani litiga di brutto con Vendola, molto bene. Israele occupa piazza Duomo, dove gli islamici in lotta hanno pregato rivolti alla Mecca, e non intende obbedire alla Questura che vorrebbe chiuderla indoor per proteggerla dagli antagonisti, molto benissimo. Santoro va a La7 e gli altri restano in Rai, benissimo. I giorni della Liberazione procedono radiosi, uno dopo l’altro. E noi al Capranica facciamo la festa a Berlusconi, domani, mercoledì, alle 10 in punto, ingresso libero, dibattito sconnesso, testimonianze di sinistra di quelle che magari fanno male, magari irritano, ma aiutano a capire, passerella dei direttorissimi, intervento della magica Erinni che ha messo a posto Celentano dicendogli che è sexy, idee che può esporre chiunque lo voglia, tante donne, ministre, deputate, senatori, capi e notabili e pubblico osannante. Ci sarà anche lo streaming internettiano, siamo modernissimi. Meno male che Silvio non c’è, però poi arriva. Un happening. Ce n’è bisogno. C’è bisogno di confusione distruttiva perché nasca qualcosa di passabilmente creativo. Se decideremo di rifare la Dc, dovrà essere una Dc rock, non un partito lento. Se decideremo di sostituire Berlusconi, dovrà essere una pop star, non un burocrate segnaposto. La storia delle primarie è il motivo guida, la provocazione guida, anche se pochi sembrano d’accordo sul serio. Secondo noi devono essere fatte il 1° e il 2 ottobre con un regolamento semplice, incassando se necessario anche il fantasmagorico voto degli “infiltrati”, e devono essere fatte perché il leader rinasca dall’ascolto degli elettori e da un uso spregiudicato della parola politica, perché nel Pdl i capi territoriali diventino indipendenti e intraprendenti, eletti regione per regione. Il problema non è il qualcosa ma il qualcuno: il Cav. deve ritirare fuori la sua bella maschera di una vita, deve ridiventare raggiante, rimettersi il sole in tasca, fare e disfare in modo elegante, con garbo, ma con decisione. Ma se è una stupidaggine, saranno accolte e rilanciate altre proposte, eccetto il tran tran, un avvizzimento lento, sornione, inconsapevole, lo spegnimento a fuoco basso di tutto quello che di fantastico il berlusconismo ha prodotto per l’Italia e non solo. Il rilancio del governo è impossibile senza la rilegittimazione politicamente piena, forte, della sua leadership, senza un Cav. aperto, che si assuma le sue responsabilità, che faccia capire al popolo di averlo ascoltato e di volere continuare a guidarlo. Con parole diverse, sia Eugenio Scalfari sia Angelo Panebianco, e molti altri, dicono che questa è un’impresa impossibile, che tutto va in un’altra direzione, che Berlusconi è a fine partita, ineluttabilmente. Verifichiamo in pubblico se hanno ragione loro o abbiamo ragione noi.

 

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