Terminator? Non più solo al cinema
Quando si parla di automi o armi robotiche si pensa sempre, ovviamente, alla fantascienza, a quel mondo che si vede nei film di George Lucas o si legge nei libri di Isaac Asimov, in cui si parla di guerre “finte”, lontane da noi sia nello spazio che nel tempo. Tutto ciò è diventato reale e soprattutto succede ora, a qualche migliaio di chilometri da casa nostra, nel Medio Oriente, in cui è stata introdotta una tecnologia nuova, la robotica.
In Iraq come in Afghanistan sono già presenti quei robot capaci “quasi” di sostituire l’uomo nelle incursioni, nei recuperi dei feriti ma anche negli agguati, droni che si cibano di materiale organico come piante o altri vegetali. Tra droni e automi c’è ancora un abisso, i primi sono teleguidati dall’uomo a distanza, alcuni vengono pilotati direttamente dall’America, più precisamente dal Nevada, attraverso delle consolle come se fossero videogames. I secondi invece sono androidi appunto automatici, dotati di intelligenza artificiale e in grado di muoversi, osservare, spiare e combattere senza bisogno di comandi da parte dell’uomo. Non a caso Singapore prevede di impiegarli a breve per il corpo di polizia.
L’ingegneria italiana sta muovendo i suoi passi in questo campo, tanto da chiudere la parata dello scorso 2 giugno appunto con un robot. Sergio Bellucci, promotore di Now-no robot war, movimento contro la robotica nelle azioni militari, in un’intervista rilasciata al Secolo XIX, mette in guardia dai rischi che porterebbe lo sviluppo di queste tecnologie, spiegando che è vero che inizialmente gli androidi faranno in modo che si risparmino molte vite umane, ma a lungo andare, con l’abbassamento dei costi di produzione, ognuno di noi sarà in grado di costruirsi un’arma robotica, proprio come succede per le bombe.